Come c’era da aspettarsi in un momento di grandi tensioni sulle fonti di approvvigionamento, tra prezzi che si impennano e il timore di penuria, con le minacce per le tensioni in Ucraina, la Commissione ha approvato ieri l’atto delegato complementare (un decreto), che inserisce il gas e il nucleare nelle energie che «hanno un ruolo da svolgere» per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica nella Ue per il 2050: la “tassonomia” serve per orientare gli investimenti privati, ma non rappresenta per nulla un obbligo di inserire gas e nucleare nei mix energetici nazionali, sottolinea il testo della Commissione, come per far passare meglio la decisione.

LA COMMISSARIA ai servizi finanziari, Mairead McGuiness, lasciata sola a spiegare il decreto, ha indicato che il testo ha ottenuto «un ampio sostegno» perché «dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti» per ridurre le emissioni di Co2, anche se «sappiamo che non c’è una soluzione ideale».

L’Austria ha annunciato ieri l’apertura di una procedura davanti alla Corte di Giustizia della Ue se questa «tassonomia dovesse diventare effettiva», alla quale potrebbe unirsi il Lussemburgo. Con Lussemburgo e Germania, Vienna si era schierata contro il label “verde” al nucleare, con Danimarca, Olanda e Svezia contro l’inserimento del gas.

L’ATTO DELEGATO era stato rimandato da tempo, perché non c’è unanimità tra i Paesi membri su queste due fonti di energia.

Mairead McGuiness
Il testo ha ottenuto un ampio sostegno. Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti per ridurre le emissioni di Co2, anche se sappiamo che non c’è una soluzione ideale

Ieri, contrariamente alla prassi abituale di approvazione all’unanimità, il collegio dei commissari ha dovuto votare, una ventina ha approvato il contenuto del decreto, ma 6 o 7 lo hanno respinto. Contro Frans Timmermans, vice-presidente incaricato del Green New Deal, come il commissario all’Ambiente, Virginijus Sinkevicius o la responsabile della Concorrenza, Margrethe Vestager. Sembra che anche lo spagnolo Josep Borrell abbia respinto il testo.

Il voto negativo può essere correlato ai Paesi di origine (anche se in linea di principio questa appartenenza non dovrebbe contare): oltre all’olandese, al lituano e alla danese, hanno votato contro l’austriaco Hahn (Bilancio), il lussemburghese Schmit (Diritti sociali) e la portoghese Elisa Ferreira (Coesione), visto che molti di questi Stati hanno fatto dichiarazioni contrarie al gas o al nucleare, o a entrambi.

Meno sicura è l’interpretazione basata sulla posizione politica: anche se in alcuni Stati di appartenenza dei commissari contrari ci sono governi di centro-sinistra, ci sono delle eccezioni tra i 6, per esempio Sinekevicius appartiene a un partito agrario conservatore, Hahn è del Ppe.

LA COMMISSIONE afferma che «sulla base di pareri scientifici e dello stato attuale della tecnologia», nucleare e gas possono essere inseriti nella tassonomia, con alcune precisazioni (una limitazione nel tempo e l’obbligo di ricorso alle migliori tecnologie).

Adesso, l’iter prevede 4 mesi di tempo (allungabili di altri due mesi, su richiesta) per il Consiglio e il Parlamento europeo per analizzare il testo e presentare eventuali emendamenti, poi ci sarà un voto, per un’entrata in vigore all’inizio 2023: per bocciarlo, ci vorrà una maggioranza qualificata rafforzata al Consiglio (72% degli stati, cioè una ventina, che rappresentino almeno il 65% della popolazione Ue) e la maggioranza semplice all’Europarlamento (353 voti), condizioni difficili da raggiungere.

Gli ambientalisti protestano e puntano il dito contro un compromesso che è passato grazie a un accordo tra Francia e Germania: la prima difende il nucleare (assieme all’est, Polonia e Ungheria in testa), la seconda è ancora troppo dipendente dal gas ed è impantanata nella saga del North Stream2, i cui lavori sono ormai finiti ma resta in attesa della certificazione, rimandata a giugno.

Secondo il commissario Valdis Dombrovskis, che lunedì era a Kiev, bisogna assicurarsi che la Russia non usi il North Stream2 come «arma».

L’Italia prende tempo, come molti altri, tra dipendenza dal gas e spiraglio che il governo vorrebbe aprire sul nucleare.

IL TESTO DEL DECRETO è stato solo modificato ai margini rispetto a quello presentato agli Stati membri a fine 2021. Sono state fatte precisazioni sulle limitazioni di tempo e sulle tecnologie, c’è l’obbligo per le imprese di dichiarare le attività nei settori del gas e del nucleare, così gli investitori potranno scegliere di non finanziarle.

«È solo grennwashing – ha commentato Greenpeace – alcuni stanno cercando di rubare miliardi alle rinnovabili».

La Commissione valuta a 520 miliardi gli investimenti necessari per la transizione energetica, e molti dovranno arrivare dal settore privato.

Sul nucleare, i permessi per nuove centrali potranno essere concessi solo fino al 2045, mentre per prolungare la vita a quelle in attività le autorizzazioni non potranno più essere concesse dopo il 2040.

Sul gas, sono accettate le centrali che emettono meno di 100 grammi di Co2 per KWh, ma se il permesso arriva prima del 2030 la percentuale sale a 270 grammi, se sostituiscono centrali più inquinanti, a carbone (la transizione sarà così più lenta).