Il tweet #cancelSouthPark – cancellate South Park – lo lanciano gli autori stessi, Trey Parker e Matt Stone, alla fine della prima puntata della nuova stagione (la ventiduesima) – Dead Kids – in previsione delle polemiche che avrebbe suscitato e come trovata promozionale.
L’argomento affrontato è infatti, come spesso accade nella serie animata creata nel 1997 dai due autori del Colorado, uno dei più tragici e pressanti nella società statunitense a partire dal massacro di Columbine: le sparatorie nelle scuole. Nell’episodio che ha debuttato mercoledì scorso sulle tv americane (e che viene trasmesso in streaming sul sito ufficiale della serie) la South Park Elementary School è teatro di ripetute e sanguinose sparatorie che però restano fuori campo, non sono che il rumore di fondo delle avventure dei protagonisti: il terribile razzista, misogino ed egoista Eric Cartman che cerca di capire perché il suo compagno africanamerican Token non gli fa più copiare i test di matematica, e attribuisce il «tradimento» al fatto che ha parlato male di Black Panther, e Randy Marsh – padre di un altro dei protagonisti, Stan – convinto di essere alle prese con l’ingresso nella menopausa della moglie Sharon (sono i veri nomi dei genitori di uno dei due autori, Trey Parker).

Sharon è infatti l’unica in tutta la piccola cittadina a essere sconvolta dalle quotidiane sparatorie nella scuola del figlio, e terrorizzata da quello che potrebbe accadergli: per gli altri, a partire dallo stesso Stan, non è niente di che – un evento talmente di routine da passare in secondo piano rispetto a un cattivo voto in matematica.
È fin troppo evidente che a essere messo in questione è proprio l’incredibile proliferare di simili tragedie, e l’anestetizzazione di parte dell’opinione pubblica di fronte non solo al dolore altrui (come nel caso delle terribili strumentalizzazioni fatte dall’Alt Right complottista nei confronti della sparatoria di Sandy Hook) ma all’alzarsi del livello di odio, intolleranza e follia nell’amministrazione e nella vita stessa del Paese.

Censurata, costretta all’autocensura, attaccata su e da tutti i fronti per la sua comicità cinica, in cui nulla è intoccabile e che sfida programmaticamente il politically correct – spesso qualunquista in termini politici ma con uno sguardo quanto mai lucido e profondo sul tempo presente – South Park non è nuova alle polemiche, che l’accompagnano sin dalla sua nascita, benché le prime stagioni fossero attraversate da una comicità estrema ma più naif – il titolo del primo episodio era Cartman si becca una sonda anale – e avulsa dalla realtà.

Negli ultimi anni e sempre più consistentemente la serie ha invece aderito alla contemporaneità, agli avvenimenti quotidiani degli Stati uniti e ai sommovimenti profondi che li attraversano e li hanno attraversati. Dalla crisi economica del 2008 alla quale Randy Marsh reagiva diventando un santone che predica il pauperismo per non offendere il «dio» dell’economia (ma decretando l’irrinunciabilità alle macchine per fare il Margarita) all’ossessione per il politically correct che porta all’assunzione, alla South Park Elementary, di Pc Principal – appunto il preside politicamente corretto – che lotta con tutte e sue forze contro l’utilizzo di alcune parole mentre nella sua scuola gli alunni sono come sempre vittima dei peggiori soprusi – spesso ad opera dell’impenitente Eric Cartman.

L’inizio della ventiduesima stagione lascia intuire che South Park continuerà su questa strada – con una puntata dalla crudeltà e amarezza di fondo inusuale perfino per la creatura «mostruosa» di Parker e Stone. Una crudeltà, e indifferenza, che non sono altro che lo specchio distorto e surreale in cui si riflette il mondo in cui viviamo.