Lo scontro tra Partito Democratico e il ministero dell’economia sul personale scolastico «quota 96» è continuato dopo la diciottesima fiducia al governo votata ieri dal Senato sul decreto sulla Pubblica amministrazione con 160 voti favorevoli e 106 contrari. In prima linea c’era ancora Francesco Boccia (Pd), presidente della commissione Bilancio della Camera, che aveva sostenuto l’emendamento introdotto nel Dl in prima lettura e se lo è visto rifiutare dal Tesoro per mancanza di copertura finanziaria, insieme alla norma sui pensionamenti d’ufficio a 68 anni per docenti universitari e primari, a quella sulle penalizzazioni al trattamento pensionistico in caso di ritiro anticipato e a un’altra sulle pensioni di reversibilità per le vittime del terrorismo.

«Le coperture ci sono» e qualcuno al Mef «ignora e se ne frega di quel che dice il parlamento» afferma Boccia. La soppressione dei quattro emendamenti ha inferto una «ferita» alla democrazia. «In questo momento – sostiene Boccia – c’è troppa gente che tenta di mettere in difficoltà il cammino delle riforme e il governo. A me non è piaciuto il movimento oscuro che si è scatenato sulla norma dei professori ordinari. Trovo folle impedire alle università di salutare un docente se non dai 70 anni in poi». Per Boccia le coperture ci sono, ma il Tesoro non le ha volute vedere. «Sarà la manina dell’austerity, ma si dovrebbe prendere atto che è finita una stagione».

Questa stagione è invece viva e vegeta e contrappone la politica redistributiva al rigore del bilancio. Dopo avere attaccato lo zar della spending review, il quasi dimissionato Carlo Cottarelli, la maggioranza e il governo hanno dovuto riconoscere le sue ragioni: in una politica di «austerità espansiva», qual è la «renzinomics», non si può finanziare la spesa sociale con i tagli. E queste sono solo le prime frizioni in un rapporto che diventerà una battaglia campale in autunno, al momento della discussione sulla legge di stabilità da più di 20 miliardi. Ieri Renzi e Padoan hanno cercato di esorcizzare l’autunno caldo nel Palazzo.

«Tra noi c’è un ottimo clima» hanno fatto trapelare da un incontro a Palazzo Chigi. È solo un diversivo: il problema è la politica economica, non la burocrazia che blocca provvedimenti senza coperture finanziarie.

La crisi non è dovuta (solo) de «tecnici», quelli con doppi e tripli incarichi, ma è l’esito di contraddizioni che producono sussulti anche tra le componenti del Pd e il governo: «L’anno scolastico, per un insegnante, comincia il primo settembre e quindi entro il mese di agosto la normativa deve entrare in vigore se non si vuole saltare un altro anno – attaccano Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro alla Camera, e la senatrice Pd Gnecchi – Il Governo non può votare alla Camera la fiducia su un decreto per poi cambiarlo al Senato, magari con una nuova fiducia e pretendere che quel testo, nel momento in cui ritorna alla Camera, venga ratificato senza colpo ferire. Ci vuole coerenza poltica: se un ministro [della funzione pubblica Marianna Madia, ndr.] si affida al parere delle commissioni di merito non può, successivamente, cambiare strada perché la ragioneria non approva».

Se il governo non trova i soldi, i 4 mila pensionamenti «Quota 96» slitteranno al 2015, allungando così a tre anni l’ottenimento di un diritto maturato da chi ha 60 anni di età e 36 di servizio, o 61 anni di età e 35 di servizio, per un totale di «96». Una soluzione è stata prospettata lunedì sera da Renzi. Un provvedimento a fine agosto che riguarderà «il rinnovamento» della scuola e «le entrate e la precarietà degli insegnanti» ha confermato ieri Madia.

La difficoltà di trovare 416 milioni fino al 2018 e l’ostilità del Tesoro ad intaccare il piano di risparmi stabilito dalla legge Fornero sulle pensioni restano un ostacolo invalicabile. Secondo indiscrezioni raccolte ieri, il governo pensa ad una misura per tutti gli «esodati» della legge Fornero. Ai «Quota 96» verrebbe concesso di andare in pensione prima dei 66 anni con una penalizzazione. Non contento, il governo chiederebbe la rinuncia al trattamento di fine rapporto che sarà versato a rate.

Il comitato civico «Quota 96» ha annunciato una protesta a Roma insieme ai Cobas. A settembre saranno in 10 mila a scendere in piazza .