C’è una bella trovata nel lavoro istruito dai Kinkaleri attorno alla figura di Otello che, prodotto dallo Stabile pratese, ha debuttato al Fabbricone. Sul finire della storia, il Moro, Desdemona, Iago, Cassio si rifugiano sotto una grande tenda, che altro non è se non il leggendario fazzoletto. Che ora come un paracadute plana sui loro corpi e come uno spinnaker volteggia sull’ultima spirale di follia. Ma più che ansia di morte c’è ragione di vita. Il fazzoletto è un ventre materno. Rigenerati, i corpi tornano alla luce, un fiore che sboccia alla maniera delle figure acquatiche di Esther Williams. I 4 performer di OtellO, Chiara Lucisano, Caterina Montanari, Daniele Palmeri, Michele Scappa, pedinati dalle sonorità di Canedicoda, creano una partitura altamente fisica, che sottolinea la frattura espressionista del movimento, incapace di reggere il confronto con la parola poetica. La raffigurazione del verbo scespiriano si immerge plasticamente nell’energia, nella tensione che l’equilibrismo fisico riesce a trasmettere. Se questo era l’obiettivo i Kinkaleri l’hanno raggiunto.