Da che mondo è mondo in montagna nevica. Ivan ha ventisette anni, è cresciuto sulle pendici del Gran Sasso, a Santa Croce frazioncina di Crognaleto, e lo sa. Come lo sa suo padre Claudio. La famiglia Marinelli è composta da madre, padre e tre figli poco più che ventenni. Sono quasi la metà del paese che conta una quindicina di abitanti. Dopo quattro giorni d’isolamento, senza corrente elettrica e acqua calda, il 17 gennaio alle 16 decidono di salire sulla macchina e andare a Teramo per fare un po’ di spesa, prima che la «nevicata eccezionale» paventata dai media li isoli del tutto.

Con papà Claudio vanno Ivan e Mattia. Spalano per far uscire la macchina dalla neve. «Dove siete quando servite?», scherza Mattia ripreso dal cellulare del fratello, come chi è abituato da sempre a cavarsela da solo. Dal giorno del terremoto di agosto l’intera famiglia si è trasferita nel capanno-laboratorio dove tengono i salumi, la casa è inagibile. Finalmente è martedì, giorno di paga per Claudio, e si possono acquistare medicine per la mamma ipertesa, viveri e benzina per il generatore.

Santa Croce dista 26 chilometri da Teramo. I tre scendono la provinciale seguendo l’unico spazzaneve. Passando per Poggio Umbricchio e Montorio al Vomano, raggiungono Teramo. Nevica, la macchina procede con lentezza anche nelle strade del capoluogo. Vanno prima in banca, poi in farmacia, poi al supermercato. Quando tornano indietro sono le 19. Per raggiungere Santa Croce si possono percorrere due strade, imboccano quella più semplice ma, poco dopo, si accorgono che è impraticabile, così sono costretti a fare inversione a U e a percorrere quella più lunga.

È notte e i tergicristalli non riescono a pulire il vetro, la neve cade copiosamente, si accumula e il vento la appiccica alla macchina come fosse colla. Procedono a passo d’uomo e, quando sono a pochi chilometri in linea d’aria da Santa Croce, l’automobile pattina, non riesce a tracciare la neve ormai alta, e si ferma. Non c’è nulla da fare. Per fortuna il cellulare prende, Ivan fa una telefonata ai carabinieri, ma dal centralino sostengono che nelle due stazioni limitrofe non c’è personale che possa effettuare il soccorso. Sono le 21, la tormenta non accenna a diminuire. Ivan chiama a casa di un paesano, gli chiede il favore di avvertire la madre che loro stanno bene e che stanno arrivando, intanto dal telefono di casa magari potrebbe aiutarli a chiedere soccorso. L’uomo si attiva e pochi minuti dopo li richiama: «Dovrebbe arrivare uno spazzaneve di qui a un’ora». Aspettano ma non arriva nessuno. Conviene andare a piedi, si dicono i tre, la situazione si sta facendo critica. Provano ad andare incontro allo spazzaneve e farsi caricare sopra.

La neve è già a 30-40 centimetri d’altezza. Immersi ne

Claudio e Mattia Marinelli, le due vittime
Claudio e Mattia Marinelli, le due vittime

l buio e nel gelo]i tre faticano a camminare. Affondano fino alle ginocchia e il padre accusa un forte dolore all’anca, rallenta ancora di più la loro andatura. Dopo un chilometro di sofferenza Claudio dice a Ivan di tirare dritto, arrivare a casa a rassicurare la mamma, con lui resterà Mattia, ci metteranno un po’ di più ma arriveranno.

Ivan accelera il passo e dopo pochi metri li ha già persi di vista. Segue il suo istinto e le poche tracce del paesaggio che non sono ancora cancellate dal manto nevoso. Ogni tanto accende la luce del cellulare per essere sicuro di non finire in un dirupo. Cammina a fatica, in alcuni punti sprofonda fino a metà cosce. Consuma tutte le forze, è nel gelo ma suda dannatamente. Cammina, sbatte, gira su se stesso per uscire da un fosso… e dopo un’ora si rende conto di essersi perso. Vive un momento di disperazione, ma si fa forza e tira avanti. Dopo due ore, con la neve ormai alla vita, quasi congelato, vede delle strane ombre spaventevoli… accende la luce del cellulare che però nella neve fa l’effetto di cancellare ogni cosa. La spegne e tornano le ombre… è la prima casa del paese, non è un mostro. È arrivato a Santa Croce. Non sa come ma le ultime energie lo sospingono faticosamente verso l’uscio di casa. Bussa.

Quando la madre apre si trova davanti un ammasso irriconoscibile di neve e di paura. Lo tira dentro, lo spoglia. È viola, azzurro… è in ipotermia. La donna avvolge il figlio con amore nelle coperte e manda Mirko a chiamare i paesani in soccorso. Ora in casa ci sono praticamente tutti gli abitanti di Santa Croce. Che si danno da fare per riscaldare Ivan. Qualcuno continua imperterrito a chiamare i soccorsi, dando infinite spiegazioni, ma dall’altra parte c’è incredulità, superficialità, almeno questo percepiscono i paesani. Finché, oltre la metà della notte, ai telefoni del soccorso non risponde più nessuno. Ivan è crollato, esausto. Mirko e alcuni paesani si avventurano nella tempesta andando incontro a Claudio e Mattia. Li cercano per ore, in un raggio di un chilometro, li chiamano a squarciagola, ma sono costretti a tornare indietro disperati.

È l’alba, ha smesso di nevicare. Un silenzio straziante tutto intorno. Ivan apre gli occhi, guarda l’orologio. Sono passate otto ore da quando ha lasciato suo padre e suo fratello nella tormenta. E a casa non sono mai arrivati. Per molte ore non giunge nessuna notizia e nessun soccorso. Ivan immagina il peggio, se lui ha impiegato 2 ore ed è arrivato quasi morto a casa, suo padre dopo 8 ore non ce l’ha fatta. Spera nel fratello, Mattia conosce la montagna come le proprie tasche, è una forza della natura. Il telefono di Ivan ha poco segnale. Una idea dettata dalla disperazione: chiama una parente a Ischia, magari se avverte lei i soccorsi le credono. La donna telefona dall’isola ai carabinieri per denunciare la scomparsa di Claudio e Mattia, ma anche lei non ottiene nulla. Purtroppo i soccorsi non si attivano. Possibile che le forze dell’ordine non abbiano creduto alla storia? È necessario che un parente, sfidando la neve, vada di persona in caserma per smuovere finalmente i soccorsi. Intanto è passato un giorno intero e le speranze di trovarli vivi sono davvero poche.

Solo dopo due giorni i vigili del fuoco raggiungono la frazione e con una faticosa ricerca, trovano i corpi congelati dei dispersi. Individuano prima il fratello, ha solcato la neve avanti e indietro. Non è tornato per non abbandonare il padre. «Capisci a me cosa fa rabbia. Hanno lasciato mio padre e mio fratello sotto la neve. Tutto mercoledì sotto la neve. La dignità dove va a finire quando è così. Mio padre non se le meritava queste cose», non si dà pace Ivan.

Il 18 la terribile tragedia di Rigopiano prende giocoforza l’attenzione di tutti: soccorsi, media, forze dell’ordine. Mentre Claudio e Mattia muoiono congelati e soli. Il 20 gennaio, alle ore 16:53 l’agenzia Ansa batte la notizia, dettata non si sa da chi, in questo modo: «Morti padre e figlio a Crognaleto. Ieri erano usciti in mezzo alla neve per andare a prendere pizze».

Fin da subito Ivan ha urlato con forza tutta la sua rabbia, ha parlato in pubblico, ha denunciato: chi avrebbe dovuto soccorrere suo padre e suo fratello non ha creduto, non è intervenuto. Usciti per andare a prendere la pizza… Ivan non riesce a capacitarsi che qualcuno abbia potuto affermare una assurdità del genere, lui sa qual è la verità. Ma ad oggi, dopo tre mesi, questa, è ancora solo la verità di Ivan.