L’altolà di Draghi al governo Tsipras mostra con durissima evidenza lo stato di sospensione democratica di questa “Europa reale”, e della Bce che ne costituisce un pilastri. L’attacco di Draghi e il preannuncio di non garantire più per i bond greci mostra la volontà di strangolare sul nascere il nuovo corso. Non si riconosce il mandato popolare ricevuto da Tsipras, e non si capisce con quale autorevolezza venga considerato non attendibile il piano presentato dalla nuova compagine greca, da parte di chi ha partecipato a misure, previste dal Memorandum, famose per aver fallito clamorosamente fallito gli obiettivi dichiarati.

La realtà è che le scelte sociali, economiche ed istituzionali, il non riconoscimento della Troika di Tsipras vanno in collisione con la natura e i poteri dell’”Europa reale”, quelli finanziari, liberisti e della egemonia merkeliana. Di questi poteri la Bce è un architrave.

Da tempo sosteniamo lo scandalo di un Parlamento europeo senza alcun potere d’influenza sulla Bce, un organo preteso tecnico (25 persone, non elette), a cui i Trattati dell’Unione hanno affidato la piena responsabilità della politica monetaria dell’Europa. Il fatto è che i nostri dirigenti hanno aderito al principio che la politica monetaria e finanziaria non debba essere più una funzione sovrana dei poteri pubblici statuali (nazionali ed europei), ma il compito di soggetti privati politicamente indipendenti dalle istituzioni pubbliche.

La Bce è il soggetto chiave del Sistema europeo di banche centrali (Sebc) di cui fanno parte, oltre la Bce, le Banche centrali nazionali degli Stati che hanno adottato l’euro e formano l’Eurosistema. Suo compito principale è di attuare la politica monetaria dell’Unione il cui l’obiettivo, fissato dai Trattati, è il mantenimento della stabilità dei prezzi, diventato l’imperativo monetario dei paesi occidentali.

Il problema nasce dal fatto che l’articolo 130 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (Tfue) stabilisce il principio della totale indipendenza politica della Bce. Coerentemente, il Trattato dispone l’obbligo per i governi degli Stati membri e le istituzioni ed organi dell’Ue di astenersi da qualsiasi forma di ingerenza sulle attività della Bce. Aver stipulato formalmente l’indipendenza politica alla Bce come principio costituzionale del Tfue ha creato una situazione giuridica, istituzionale e politica, anomala.

L’anomalia si esprime anzitutto rispetto alle banche centrali: la Bce è l’unica banca centrale al mondo ad essere politicamente indipendente da ogni altra autorità. Le altre banche, compresa la Federal Reserve Bank (Usa) sono autonome. L’anomalia è però soprattutto rilevante nell’assetto attuale dell’integrazione europea. L’adozione dell’euro anche in assenza di uno Stato sovrano europeo, è avvenuta in maniera contraria alle tesi costituzionali politiche che da sempre riconoscono che una moneta implica un governo, un potere sovrano, uno Stato.

Le ragioni per le quali i poteri forti europei hanno creato una moneta senza Stato sono molteplici. A nostro avviso, la più pregnante è di ordine ideologico politico: è l’idea che occorra staccare l’economia dalla politica ed affidare i compiti di gestione dell’economia, in particolare della politica monetaria, ad organi tecnici “indipendenti” dai governi pubblici, capaci di dare fiducia ai mercati finanziari.

Il compito della Bce non è di dare fiducia ai parlamenti nazionali ed al parlamento europeo e di salvaguardare i diritti umani e sociali dei cittadini stessi. I suoi clienti, come si dice nel gergo dominante, sono i mercati finanziari, le banche e gli agenti finanziari speculativi. La Bce è attualmente il solo potere politico sovranazionale europeo.

L’indipendenza della Bce significa principalmente tre cose. Anzitutto, una mistificazione, deliberata, per coprire legalmente il fatto che essa non lo è ma che è sottomessa all’influenza degli interessi dei poteri pubblici (Stati) più forti dell’Ue sul piano monetario e finanziario. Essa lo è nei confronti degli Stati più deboli come la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo ….ma non della Germania e del mondo finanziario rappresentato dal Lussemburgo. In secondo luogo, una realtà effettiva nei confronti del Parlamento europeo e delle altre istituzioni dell’Ue. Il dialogo economico tra la Bce ed il Pe (per far credere alla legittimità democratica della Bce) e tra questa ed il Consiglio dei Ministri e la Commissione europea (a dimostrazione della responsabilità della prima nei confronti delle altre due) è un puro arrampicarsi sugli specchi.

Infine, la libertà dai poteri politici pubblici accordata alla Bce è una triste farsa politica.

Lo strumento chiave del potere della Bce è l’intervento sul tasso di sconto (il costo del capitale) sulla moneta. Da anni questa funzione non appartiene più alle banche centrali (lo Stato) ma alle banche stesse (soggetti privati nella stragrande maggioranza). La Bce, per suo proprio dire, si limita ad intervenire in reazione al tasso di sconto fissato dalle banche/mercati finanziari, abbassandolo in caso di freddezza/stagnazione dell’economia o aumentandolo in caso di riscaldamento o eccitazione elevata dei mercati. Indipendenza formale, quindi , rispetto ai poteri politici pubblici ma dipendenza chiara nei confronti dei mercati finanziari.

Cambiare questo stato non è facile. Bisogna riportare la politica monetaria europea nel campo della democrazia effettiva, dando un governo politico all’euro. Bisogna abolire la dissociazione tra politica ed economia ed eliminare il primato dell’economia sulla politica, per un processo costituente europeo.

Il parlamento europeo è l’istituzione più legittima per farlo, se lo vuole. E’ necessario scardinare il potere speculativo e criminale dei mercati finanziari, mettendo fuori legge i paradisi fiscali, regolamentando i mercati dei derivati, le transazioni finanziarie ad alta frequenza e la finanza mobile, ripubblicizzare le casse di risparmio ed il credito alle collettività locali. E dichiarare illegale le forme di competitività fiscale tra gli Stati.Terzo oltre che mettere la finanza e la moneta in Europa al servizio della giustizia e della solidarietà umana e sociale e della giustizia ambientale. Tsipras ha aperto uno scontro durissimo e ciascuno di noi deve fare la sua parte.