Striscia di terra affusolata e multicolore tra St. Stephen’s Green e il Trinity College, Grafton Street è il luogo in cui si danno appuntamento le antitesi di Dublino. L’omologazione delle metropoli impone alle sue facciate georgiane di intonarsi alle tante insegne che vi trovano alloggio. Oasi confortante per il turista, tetto di fortuna — quando si abbassano le serrande — per gli homeless: «Il cielo d’Irlanda è un enorme cappello di pioggia». Tra i due antipodi sopravvive la figura del busker, il musicista di strada, che per gli irlandesi è ben più che un semplice intrattenitore. Da Grafton Street è partito anche il percorso di Glen Hansard, prima con i Frames e The Swell Season, poi in solitaria. Un successo che non ha reciso le sue radici: lo stesso film Once (2006), sua consacrazione, lo ritraeva nelle vesti del busker camuffando il teleobiettivo per non turbare la sua spontaneità.

DI QUELLE STRADE da cartolina il musicista dublinese non dimentica gli outsider fuori campo: la questione dei senzatetto lo vede da sempre attivo in prima persona, figura di spicco dei movimenti di tutela e sensibilizzazione. Come durante l’occupazione della Apollo House — schiera di edifici abbandonati della finanziaria Nama convertiti dagli occupanti a rifugio temporaneo per gli homeless — la notte del 15 dicembre 2016 (si veda, a riguardo, il documentario di Zahara Moufid Shelter Me: Apollo House).
Fino allo scorso anno le sue performance benefiche sono state tra le più encomiabili tradizioni natalizie della capitale irlandese. Ora che il distanziamento impedisce di accogliere gli spettatori attorno a sé, avrà pensato bene Glen, è lui a raggiungerli a casa con un album live il cui ricavato verrà interamente devoluto a Inner City Helping Homeless, associazione che aiuta i senzatetto di Dublino.

«SO CHE LA REGISTRAZIONE di un concerto è un pallido sostituto della cosa reale — spiega nelle note di copertina — ma in questo momento stiamo tutti vivendo di piccoli bocconi». L’album, uscito per Dublin Vinyl, è stato registrato nell’ottobre 2016 alla Sidney Opera House, durante il tour di Didn’t He Ramble, che quindi la fa da padrone in scaletta. Winning Streak ci restituisce un autore e un interprete vitale e appassionato; dallo stesso album provengono, tra le altre, My Little Ruin, Lowly Desert e McCormack’s Wall, con la sua coda a tempo di irish jig. Astral Weeks, cover di Van Morrison, è un sincero omaggio al padre dei songwriter contemporanei d’Irlanda.

NON POSSONO MANCARE Falling Slowly — premio Oscar nel 2008 — e Her Mercy, che chiude la tracklist. Ampio spazio è concesso alla band — si ascolti Aisling Gheal affidata al pianoforte di Peadar O’Riada — e ai racconti in cui Glen distilla sentimento e umorismo. Come quando ricorda gli sconosciuti incontrati al pub da suo padre e accolti a casa per settimane intere, «finché non si sarebbero rimessi in piedi».
Un album ammirevole per il duplice valore artistico e filantropico. Il modo migliore di tornare in Grafton Street.