Dopo 36 giorni lo shutdown è stato sospeso. Dal Rose Garden Trump ha annunciato che è stato raggiunto un compromesso per porre fine, anche se solo temporaneamente, alla più lunga chiusura governativa nella storia Usa; il governo federale riaprirà per tre settimane, per consentire a democratici e repubblicani di avere più tempo per negoziare l’assegnazione dei 5.7 miliardi di dollari necessari per costruire il muro di confine con il Messico.

DURANTE L’ANNUNCIO il presidente ha ringraziato i lavoratori federali che da 36 giorni non ricevono lo stipendio, per poi perorare la causa del muro, che ormai definisce «barriera», invitando a non immaginarlo come «un muro medievale», ma una bella «costruzione moderna in acciaio».

La maggior parte del discorso di «The Donald» è stata incentrata sulla necessità del muro, giustificata da una situazione al confine dipinta come un girone infernale, con donne e bambini imbavagliati, orde di criminali che si accalcano alla frontiera, fiumi di droga che scorrono e che possono essere fermati solo innalzando «una barriera in acciaio». Non è sorprendente che il discorso sia terminato con una non troppo velata minaccia: se il 15 settembre non gli verranno concessi i 5,7 miliardi sarà ancora shutdown, o stato di emergenza nazionale.

Dopo il discorso, Trump se ne è andato senza accettare domande nonostante la giornata ne evocasse molte, in quanto era cominciata con l’arresto di Roger Stone, storico consulente politico, lobbista e stratega, consigliere informale e amico di lunga data del tycoon.

STONE È STATO ARRESTATO dall’Fbi in Florida, nell’ambito del Russiagate su cui sta indagando il procuratore speciale Robert Mueller, mentre era nella sua casa di Fort Lauderdale, con un blitz spettacolare avvenuto alle 6 del mattino. L’acccusa è di aver mentito e di essere stato il tramite tra il comitato elettorale di Donald Trump, gli hacker russi che rubarono i documenti relativi alla campagna dei democratici, poi pubblicati da Wikileaks, e di aver cercato di convincere un testimone a fornire falsa testimonianza.

SECONDO LE RICOSTRUZIONI rese pubbliche, fu Stone a gestire le comunicazioni con gli hacker russi e sempre Stone sarebbe stato in contatto con Julian Assange, come già ammesso dal consulente stesso. Dopo l’arresto Stone è apparso davanti la corte federale di Fort Lauderdale, ammanettato a polsi e caviglie, per poi uscire dopo una cauzione di 250mila dollari che, se manterrà fede alla promessa di presentarsi in tribunale ogni volta che verrà convocato, non pagherà.

Con le accuse e l’arresto di Stone, Mueller ha colpito la cerchia più vicina a Trump: con l’incriminazione di Stone l’inchiesta di Mueller ha elargito imputazioni criminali a più di 30 persone legate alla campagna di Trump, e nonostante la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, abbia dichiarato che «Questa storia non ha nulla a che vedere col presidente», le accuse a Stone di aver agito per conto del comitato elettorale di Trump non giovano all’immagine del presidente.
Stone è stato uno dei più convinti sostenitori di «The Donald», che aveva conosciuto nel 1979 attraverso Roy Cohn, allora consigliere del senatore Joseph McCarthy; la carriera politica di Stone comincia, quando era solo 19enne, con Richard Nixon, ed è proseguita, sempre influente, più o meno nell’ombra.

PER LA CAMPAGNA ELETTORALE del 2016 era stato Stone a lanciare la «Commissione per ripristinare la grandezza dell’America», che, stando a Politico, ha speso più di 500mila dollari per sostenere Trump, e durante la convention repubblicana aveva investito 40.000 dollari solo per organizzare una protesta contro i tentativi di alcuni repubblicani di impedire la nomination di Trump.