Chi minimizza gli effetti del Covid-19 spesso si basa su percentuali di letalità oggi inferiori rispetto alle stime della primavera. Così facendo, però, si trascura l’impatto devastante della malattia sul sistema sanitario. I reparti pieni all’inverosimile infatti obbligano gli ospedali a sospendere altre attività. Seguire i pazienti Covid-19 costringe a utilizzare qualunque spazio disponibile negli ospedali, e anche oltre: all’ospedale di Orbassano (Torino) persino la sala conferenze e la cappella sono adibite a reparto.

Altrove, invece, si comincia ad alzare bandiera bianca. Aumentano di giorno in giorno le regioni o le singole Asl che rinunciano a svolgere le normali funzioni di cura. Come riferisce il rapporto settimanale dell’Università Cattolica sulla situazione della sanità, in Puglia, Calabria e Campania sono stati sospesi tutti i ricoveri non Covid. In Lombardia, altra regione “rossa”, già dal 23 ottobre una circolare interna del direttore generale della sanità Marco Trivelli aveva disposto la riduzione delle attività chirurgiche differibili. Nella piccola Val d’Aosta già da due settimane l’attività di chirurgia all’ospedale di Aosta è ridotta al minimo. Anche il dipartimento della sanità dell’Umbria aveva disposto il rinvio a data da destinarsi di tutta l’attività chirurgica programmata salvo quella non differibile e la limitazione delle attività ambulatoriali ai soli casi urgenti, decisione condivisa con la Campania. Dal 3 novembre, nella regione Abruzzo i ricoveri sono possibili solo per i casi che necessitano di intervento chirurgico entro 30 giorni.

Ieri è stato il turno del Veneto, che con una nuova ordinanza «ha disposto di sospendere in ogni struttura ospedaliera pubblica e privata accreditata tutta l’attività chirurgica programmata per la quale è previsto il ricovero in terapia intensiva post operatoria e di ridurre l’attività programmata non urgente chirurgica». Lo scopo della sospensione è «disporre di personale per la gestione dei pazienti Covid». Nella regione, oltre all’attività intramoenia, «si dispone anche la sospensione dell’attività di specialistica ambulatoriale» in ospedali pubblici e convenzionati, delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate, per tutte le prestazioni con urgenza superiore ai dieci giorni.

Chiusure a macchia di leopardo, anche in Piemonte. Alla Asl Torino 5 da lunedì sono sospese le attività ambulatoriali non urgenti. Nel Lazio un’ordinanza del 6 novembre dispone la sospensione delle attività chirurgiche programmate meno urgenti «per tutte le strutture coinvolte nella rete dell’emergenza o comunque coinvolte nella gestione dei pazienti Covid-19». Per rimediare, già il 3 novembre era stata approvata una determinazione regionale firmata dal direttore generale della sanità Renato Botti per «acquisire la collaborazione e favorire l’integrazione dei soggetti erogatori privati accreditati» per le attività chirurgiche dell’area non-Covid. In sostanza, si invitano ospedali e Asl a smistare l’attività sanitaria eccedente verso le strutture private.