Entro il 26 marzo il governo Netanyahu dovrà fornire chiarimenti sul provvedimento di espulsione da Israele di circa 40mila richiedenti asilo e rifugiati sudanesi ed eritrei. Lo ha deciso la Corte Suprema che due giorni fa ha sospeso temporaneamente il piano approvato dal governo e annunciato a gennaio, in risposta ad una petizione firmata da 120 eritrei e sudanesi con l’appoggio di attivisti ed esperti legali israeliani. La decisione della Corte non si applica a chi è già partito.

Il 1 aprile è la scadenza fissata dal ministero dell’interno entro la quale i migranti devono accettare di partire “volontariamente”, con in tasca 3.500 dollari, per i Paesi africani che si sono dichiarati disposti ad accoglierli. Coloro che si rifiuteranno di lasciare il Paese saranno arrestati e incarcerati a tempo indeterminato in centri di detenzione nel deserto del Neghev. I massimi giudici israeliani hanno chiesto informazioni aggiuntive sugli accordi con Rwanda e Uganda, indicati dalla stampa locale come i due Stati disposti a ricevere eritrei e sudanesi. Kigali e Kampala da parte loro continuano a smentire di aver raggiunto accordi con Israele nonostante gli africani espulsi abbiano già riferito di aver subito in quei due Paesi abusi e maltrattamenti e di essere stati costretti a partire poco dopo il loro arrivo da Israele. (michele giorgio)