Ultimo plot twist nella saga spagnola: Pablo Iglesias lascia il governo e si lancia nella battaglia per la conquista della comunità di Madrid. E non solo: spiana la strada per la futura leadership di Unidas Podemos, nominando l’attuale ministra del lavoro Yolanda Díaz.

PER CAPIRE I MOTIVI dietro questa bomba atomica politica, bisogna risalire alla scorsa settimana. In particolare, a quello che allora sembrava un terremoto politico, e invece era solo una piccola scossa di assestamento comparata con quello che è avvenuto dopo. Il partito Ciudadanos nella regione di Murcia, che come in tutte le comunità dove governa il Partido Popular, appoggiava il governo guidato dal leader locale del partito di Pablo Casado, decide di rompere l’alleanza.

Uno scossone, probabilmente pensato dalla leader del partito a Madrid, Inés Arrimadas, come una prova tecnica per svincolare il partito dalla linea filo-Pp a cui l’aveva costretto il suo predecessore Albert Rivera, ritiratosi dalla politica dopo il mega flop elettorale del dicembre 2019. Con la scusa degli ennesimi scandali di corruttele di vari dirigenti locali del Pp, Ciudadanos aveva presentato due mozioni di sfiducia, una in regione e una al comune della città di Murcia, con l’obiettivo di scalzare i popolari e allearsi coi socialisti: un ribaltone con tutti i crismi. Ma la mossa ha avuto come prima conseguenza l’immediata reazione della presidente della comunità di Madrid, Isabel Díaz Ayuso: convocare elezioni anticipate, nel timore (dice lei, ma nega Ciudadanos) che potesse accadere la stessa cosa anche nel feudo più prezioso per il partito popolare.

UN’EVENTUALE MOZIONE di sfiducia in discussione impedisce infatti al presidente di turno di sciogliere il parlamento regionale. Tra parentesi, l’inaspettata mossa ha pure scatenato uno scontro giuridico fra Assemblea regionale di Madrid (presieduta da Ciudadanos) che voleva far discutere due mozioni di sfiducia presentate subito dopo la firma di Ayuso del decreto, ma prima che venisse pubblicato in gazzetta, scontro che lo scorso fine settimana è stato risolto dai magistrati in favore di Ayuso.

Nel frattempo, a Murcia l’azzardata mossa di Ciudadanos è esplosa in faccia ad Arrimadas: la metà dei suoi consiglieri regionali ha deciso di non votare la mozione a cambio di posti dentro il governo popolare, e quindi la mozione non passerà. I tre discoli sono stati espulsi da Ciudadanos, ma l’esodo dal partito in rotta è ormai massiccio su tutto il territorio nazionale.

FATTO STA CHE LA SITUAZIONE a Madrid è che, con questi chiari di luna, Ciudadanos difficilmente supererà la soglia del 5% necessario per entrare in parlamento e se Ayuso vince, necessariamente si dovrà portare i fascisti dentro il governo: sarebbe la prima volta in Spagna che Vox non si limita a un appoggio esterno. Socialisti, Unidas Podemos e Más Madrid (guidato da Íñigo Errejón, ex delfino di Iglesias, che montò il partito in polemica col suo ex amico Pablo e che a Madrid lo supera in voti) sono stati presi alla sprovvista. Más Madrid ha subito designato la medico Mónica García come capolista, i socialisti rinnovavano il poco mordace Ángel Gabilondo, ma Podemos doveva decidere il da farsi.

In questo contesto, Iglesias ha deciso di prendere in mano la situazione e lanciarsi nella lotta per sconfiggere Ayuso, nata come lui il 17 ottobre del 1978, chiedendo una candidatura unitaria di sinistra (dice che si sottoporrà a primarie, aperte anche a García se lo vuole). E lascia il governo e la vicepresidenza a Yolanda Díaz, di fatto lanciandola come la futura candidata del partito al suo posto.

Un passo indietro del capo indiscusso del movimento politico nato meno di un decennio fa, che potrebbe persino rischiare una sconfitta nelle urne di Madrid. Ma allo stesso tempo mettendo al centro una figura politica in netta ascesa e certamente meno divisiva di quella del fondatore. In un lungo messaggio, Iglesias ha rivendicato i risultati raggiunti grazie a Podemos dentro le istituzioni, parlando di «dovere etico e politico» di lasciare la prima linea del governo perché «in politica bisogna avere il coraggio di fare le battaglie che bisogna fare». Apre il passo dunque «alla migliore ministra del lavoro della storia del nostro paese», e si dedicherà anima e corpo a «impedire a questi delinquenti, criminali che rivendicano la dittatura» di arrivare al potere nella comunità politicamente più importante della Spagna.