L’artista transfemminista Valentina Battistoni attraverserà l’Italia in bicicletta per sensibilizzare su violenza machista e autodeterminazione. Si dice che il mezzo per agire la propria rivoluzione è in cantina ad arrugginire. Strumento di emancipazione femminile, sia in circostanze passate che ancora attuali, la bicicletta è il simbolo per eccellenza della mobilità sostenibile e di quella trasformazione sociale che può avvenire solo come frutto di un percorso lento, coinvolgente e impegnativo.

E’ PER QUESTI MOTIVI CHE L’ARTISTA pesarese Valentina Battistoni ha scelto qualche anno fa di farne il suo unico mezzo di trasporto e con il progetto Sororité bike ride, azione transfemminista su due ruote, si accinge a intraprendere una pedalata di circa 1.970 km lungo la via Francigena, con lo scopo di portare consapevolezza sulla violenza di genere e il rispetto che ogni soggettività dovrebbe avere. E’ partita ieri, 13 luglio, dal Gran San Bernardo e il percorso arriverà fino a Santa Maria di Leuca, attraversando città e piccoli centri.

LA MODALITA’ DI VIAGGIO, CHE PREDILIGE il contatto diretto con le persone incontrate, permetterà all’artista di veicolare il suo messaggio: unire le forze per la costruzione di una società in cui non ci sia più spazio per la violenza patriarcale, machista e omobilesbotransfobica, ma che sia basata invece su cura, sorellanza e rispetto verso tutti i corpi, compreso quello del pianeta in cui viviamo.

IL NOME DEL PROGETTO PRENDE spunto dall’idea di sorellanza come patrimonio comune che può e deve essere esteso a tutti i membri della comunità, così come espressa dall’economista femminista Marcella Corsi, secondo cui questa «è uno stato dell’anima, una predisposizione nei confronti del genere umano, e poco ha a che fare con il sesso biologico delle persone».

LE DUE PAROLE CHIAVE DI CURA e sorellanza, in un’accezione che gli permette di emanciparsi dallo stereotipo con cui spesso si confinano questi due principi fondamentali nel solo universo femminile, approfittando del ruolo subalterno in cui ancora lo si vorrebbe relegare, saranno al centro di due laboratori organizzati in collaborazione con la Rete Donne Transfemminista e che si svolgeranno durante il percorso. Il primo si terrà a Modena sabato 23 luglio e sarà tenuto dall’attivista e scrittrice Marie Moïse, che si occupa di razzismo e colonialismo da una prospettiva femminista ed è co-traduttrice, tra gli altri testi, del Manifesto della cura, Per una politica dell’interdipendenza di The Care Collective e l’altro a Siena il 30 luglio proprio con Marcella Corsi, autrice di ricerche di economia in ottica femminista e socia fondatrice della rivista online inGenere.it. In entrambi Valentina Battistoni si occuperà della parte che prevede una pratica corporea.

I MURI DI ALCUNE DELLE CITTA’ attraversate dal tour verranno inoltre trasformati in pareti della sorellanza, e accoglieranno opere di poster art in cui saranno scandite le parole chiave della nuova società che si vuole costruire e su cui le persone dei diversi territori interessati saranno chiamate a esprimersi scrivendo a loro volta i principi che ritengono fondamentali in vista di una comunità coesa e cooperante.

BATTISTONI INVITA POI AD AGGREGARSI al viaggio in qualsiasi parte del tragitto, affinché il messaggio di cambiamento possa diventare più potente attraverso quella «alleanza fra corpi» che l’artista ricorda citando Judith Butler, e che permette una liberazione dell’immaginario politico a partire dall’occupazione fisica dello spazio da parte di gruppi autorganizzati.

E’ IN QUESTA VICINANZA E CONDIVISIONE che il terreno delle diverse lotte diventa comune e la volontà di riappropriazione dello spazio pubblico da parte di corpi non normati dal potere si unisce alla necessità, non meno radicale, di scardinare quel modello di consumo in cui siamo immersi, nella ricerca di un bem vivir rispettoso dell’ambiente con cui interagiamo.

«IN UN MONDO IN CUI TUTTO E’ COLLEGATO e figlio della stessa matrice patriarcale essere in strada con la bicicletta vuol dire esporsi come soggetto due volte a rischio: sia come donna che come cittadina a bordo di un mezzo di trasporto che è considerato secondario nell’architettura urbana» ha spiegato l’artista. «Nelle strade delle nostre città, pensate fondamentalmente per le macchine e per umani adulti abili di sesso maschile, andare in bicicletta diventa una forma di resistenza verso l’ostentazione di potere di chi guida automobili sempre più grandi e inquinanti; significa ribadire la propria presenza nello spazio pubblico per rivendicare la presa in considerazione di tutti i tipi di persone, sia che si tratti di pedoni e ciclisti che di soggettività diverse e non conformi. Il mio desiderio è che le persone si uniscano durante il tragitto, e che si crei appunto una massa di corpi alleati che possano portare attenzione sulle loro istanze, come accade anche per esempio durante i pride, perché la visibilità è un fattore fondamentale del processo di cambiamento».

SORORITE BIKE RIDE E’ INTERAMENTE autoprodotto, ed è possibile sostenerlo attraverso un crowdfunding (https://www.ideaginger.it/progetti/sorellanza-a-due-ruote.html). Oltre a ricoprire parte delle spese di viaggio, il ricavato servirà per finanziare i laboratori gratuiti e il progetto Lingua Abitata dell’associazione Armonie di Bologna, attraverso il quale la lingua italiana si fa ponte nelle relazioni tra donne native e migranti, divenendo occasione di nutrimento di una società egualitaria in cui è possibile sentirsi a proprio agio.