Il premio Nobel per la chimica del 2019 è stato assegnato allo statunitense John Goodenough, all’inglese Stanley Wittingham e al giapponese Akira Yoshino. Le loro ricerche sono state fondamentali per lo sviluppo delle diffusissime batterie ricaricabili agli ioni litio, che alimentano la gran parte dei dispositivi elettronici, dagli smartphone alle automobili elettriche. Come è avvenuto con la medicina e la fisica, anche per la chimica non è stata premiata nemmeno una donna.

GLI IONI LITIO sono atomi di litio liberati di un elettrone e, di conseguenza, carichi positivamente. Durante l’uso, gli ioni viaggiano tra i due elettrodi della batteria, dall’anodo negativo al catodo positivo. Anche gli elettroni liberi raggiungono il catodo dall’anodo, ma attraverso il circuito alimentato dalla batteria sotto forma di corrente elettrica (ad esempio, accendendo una lampadina). Durante la ricarica, ioni e elettroni compiono il percorso opposto. Se state leggendo questo articolo con un dispositivo mobile, dovete ringraziare questo meccanismo.

Wittingham, Goodenough e Yoshino hanno individuato i materiali più sicuri ed efficienti per accumulare energia in una batteria al litio. Iniziò Wittingham negli anni ’70, in piena crisi petrolifera: l’inglese faceva parte del team che l’azienda petrolifera Exxon mise al lavoro per cercare nuove tecnologie energetiche. Quasi per caso, Wittingham si accorse che gli ioni litio erano un ottimo veicolo per trasportare la carica elettrica tra gli elettrodi di una batteria. Il suo prototipo aveva due problemi: l’alta probabilità di esplosione delle sue batterie, e l’imminente calo del prezzo del petrolio. Wittingham risolse il primo mescolando l’alluminio al litio nell’anodo ma nulla poté contro il secondo, che portò la Exxon a interrompere le ricerche nel campo.

AL MIT DI BOSTON, Goodenough aveva seguito gli sviluppi di Wittingham e ne prese il testimone. Fu lui a scoprire nel 1979 che usando l’ossido di cobalto per il catodo si sarebbe raddoppiata la potenza della batteria. La scoperta non ebbe immediata applicazione: dato il basso costo del petrolio, in occidente l’interesse per batterie ricaricabili e leggere continuava a calare. L’industria elettronica giapponese, invece, non chiedeva altro per i suoi dispositivi miniaturizzati.

NEL 1985, lavorando per la Asahi Kasei Corporation, Akira Yoshino scoprì che il carbone prodotto nella distillazione del petrolio era un materiale ideale per l’elettrodo negativo, l’anodo. In questo modo, le batterie non avevano più bisogno di componenti in litio puro, che erano la causa principale delle frequenti esplosioni nelle batterie delle precedenti generazioni. Asahi Kasei e Sony lanciarono sul mercato le prime batterie ricaricabili al litio nel 1991, portando a compimento un ciclo innovativo ventennale. Secondo i giurati del premio Nobel, i tre scienziati crearono «le condizioni per una società wireless e libera dal petrolio, fornendo un grande contributo al benessere dell’umanità».

La diffusione delle batterie al litio però ha notevoli conseguenze sul piano economico e sociale, non tutte positive. Secondo uno studio di Bloomberg, il 73% della produzione mondiale di batterie al litio è cinese.

LA CINA DOMINA il mercato anche in virtù delle riserve disponibili di litio, pari a un milione di tonnellate e trenta volte superiori a quelle a disposizione degli Usa. Le previsioni di un rapido aumento della domanda di batterie (rivelatesi esagerate) hanno provocato notevoli sbalzi nel suo prezzo. Tra il 2016 e il 2018, il litio ha quasi triplicato il suo valore, per poi scendere del 40%. L’espansione del mercato delle batterie ha avuto anche l’effetto collaterale di aumentare il fabbisogno di cobalto, che grazie alle scoperte di Goodenough è diventato un ingrediente fondamentale delle batterie ricaricabili.

La metà del cobalto mondiale proviene dalle miniere del sud-est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), in cui lavorano senza diritti 225 mila lavoratori delle miniere, di cui circa 35 mila sono bambini secondo uno studio dell’università di Harvard. Il controllo delle risorse minerarie è una delle cause principali dell’ininterrotta guerra civile che coinvolge la Rdc da oltre due decenni.