Dopo lo scioglimento del 2011 e prima della pubblicazione delle rarità contenute nel recente In/Out/In, di cui si dice più sotto, si è continuato a parlare dei Sonic Youth, oltre che per la loro importanza nella storia del rock e per i lavori solisti dei vari membri, anche per l’autobiografia di Kim Gordon, Girl in a Band, uscita nel 2015 (in Italia nel 2016 per Minimum Fax), a cui ha fatto seguito nel 2020 un autoritratto per immagini, Kim Gordon: No Icon (Rizzoli New York). Il primo è un memoir che ha colpito molti per la sua schiettezza e per i tanti retroscena che racconta. Per esempio, in uno dei capitoli dedicati a Goo – il sesto album della band -, la bassista, chitarrista e cantante parla delle ispirazioni del singolo Kool Thing – uno dei pezzi più famosi di sempre dei Sonic Youth – e tra queste è citata una sua intervista fatta di persona a LL Cool J. Può sembrare strano, soprattutto da un punto di vista europeo – considerato che qui la distanza tra rocker e rapper per molti anni è stata netta – ma sin dai primi anni Ottanta, il rap oltreoceano aveva molti fan insospettabili, più che mai nel miscuglio creativo di New York. La storia di questo incontro lo testimonia.

LA PRIMA VOLTA
Nel 1985 Kim Gordon si avvicina al rap anche grazie a Radio, l’album d’esordio di LL Cool J uscito per Def Jam e prodotto da Rick Rubin. È lei a rivelarlo nell’articolo intitolato Meaty Beaty Big and Bouncy pubblicato su Spin, la nota rivista musicale Usa il cui ultimo numero cartaceo è uscito nel 2012. All’epoca, settembre 1989, la fondatrice dei Sonic Youth ha trentasei anni ed è la prima volta che intervista una «popstar» – definizione usata da lei. Il racconto scritto di questo suo incontro con il rapper resterà nella storia per vari motivi e uno dei principali è che dal dialogo si capisce subito che la fascinazione che Kim Gordon ha nei confronti del rapper non è corrisposta, soprattutto perché LL Cool J, oltre a essere calato in tutto nei panni della star, di cui si dà i toni, ha dei riferimenti culturali un po’ diversi dall’artista dei Sonic Youth, basti dire che tra i suoi artisti «rock» preferiti cita Bon Jovi.
LL Cool J ha trentuno anni, sta per pubblicare il terzo album, Walking with a Panther, e oltre a essere considerato un sex symbol, è una delle prime vere e proprie star del rap, genere musicale che sta vivendo un anno cruciale grazie alle uscite di album fondamentali come 3 Feet High and Rising dei De La Soul, Paul’s Boutique dei Beastie Boys, Ghetto Music: The Blueprint of Hip Hop dei Boogie Down Productions, l’esordio dei Gang Starr, No More Mr. Nice Guy, o ancora Done by the Forces of Nature dei Jungle Brothers e vari altri titoli. Walking with a Panther, inoltre, uscirà tre settimane prima dell’arrivo in sala, dopo l’anteprima a Cannes, di Fa’ la cosa giusta di Spike Lee, il sempre più chiacchierato regista afroamericano che ha chiesto ai Public Enemy, reduci, un anno prima, dalla pubblicazione di It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back, di scrivere una canzone per il film: Fight the Power. Il rap, insomma, gode di attenzioni sempre più grandi e non solo negli Stati Uniti, visto che anche in Europa, ormai, siamo vicini al primo boom popolare (in Italia innescato, pochi mesi dopo, dalle prime incisioni in italiano di Onda Rossa Posse e, successivamente, di Isola Posse All Stars). Il fatto che anche la rappresentante di una delle band meno allineate della scena rock, tra le più sperimentali, si interessi al fenomeno e che, prima di iniziare il botta e risposta, chieda a LL Cool J di firmare la sua copia in cd di Radio, la dice lunga.
Il rap di LL Cool J è di un altro pianeta rispetto a quello dei Public Enemy e di altri artisti che puntano sulla consapevolezza e sul messaggio: «La musica è divertimento, ecco perché non faccio politica è importante anche divertirsi», dice durante la chiacchierata in cui questa strana coppia parla, tra l’altro, di donne, punk hardcore, rock mainstream e fama. A un certo punto Kim Gordon fa una domanda sul videoclip di Going Back to Cali, singolo del rapper uscito a gennaio del 1988, e gli confida che è uno dei suoi preferiti. Pochi mesi dopo se ne avrà la conferma…

ESORDIO MAJOR
Goo esce il 26 giugno 1990 ed è l’esordio dei Sonic Youth per una major, la Geffen, acquistata da Universal il 14 marzo dello stesso anno. Nel video del singolo che anticipa l’uscita del disco, Kool Thing, si possono vedere chiaramente i riferimenti a quello di Going Back to Cali. Kim Gordon lo svela in Girl in a Band: «Ho detto a Tamra (la regista, Tamra Davis, ndr) che volevo ficcare dentro qualche riferimento a uno dei miei video preferiti di sempre: il video di LL Cool J per Going Back to Cali, una canzone perfetta per un video perfetto, con le inquadrature e i tagli irregolari alla Russ Meyer, e quel modo divertente di prendere in giro l’estetica della tipica ragazza bianca californiana anni Sessanta».
La struttura dei due video è simile ma quello di LL Cool J è tutto in bianco e nero mentre quello dei Sonic Youth ha varie scene a colori, entrambi, inoltre, sono ammiccanti e ironici ma le differenze fondamentali sono due: da una parte c’è un protagonista maschile che si prende molto sul serio e dall’altra una figura femminile in primo piano che è anche autoironica. Kool Thing, in qualche modo, sembra un pezzo solista di Kim Gordon ma, oltre all’apporto degli altri membri della band – Thurston Moore, Lee Ranaldo e Steve Shelley – vede la partecipazione proprio di un «collega» di LL Cool J. La registrazione del brano, infatti, avviene negli studi newyorkesi Greene St. Recording che, in quegli anni, sono frequentati soprattutto dai rapper. Nella settimana in cui i Sonic Youth entrano in studio anche Chuck D dei Public Enemy sta lavorando lì e viene coinvolto dal gruppo in maniera estemporanea: è così che registra degli interventi parlati, un «botta-e-risposta che c’è a metà» del brano ma in cui c’è anche «un terzo interlocutore invisibile», si legge in Girl in a Band. Se nel ritornello del pezzo, Kim Gordon dice «I don’t think so», riprendendo un verso dal brano di LL Cool J, Chuck D, leader del gruppo rap più chiacchierato dell’epoca e presente anche nel video, ripete la domanda che pone Kim Gordon, «Fear of a female planet?», parafrasi del titolo del disco dei suoi Public Enemy contenente Fight the Power e uscito due mesi prima di Kool Thing, Fear of a Black Planet. Il gioco è fatto, è venuto bene e, infatti, Chuck D non sarà l’unico rapper con cui i Sonic Youth collaboreranno: nel 1993 la band pubblicherà un pezzo con i Cypress Hill, I Love You Mary Jane, come parte di una colonna sonora crossover, in cui rime a tempo e chitarre se la intendono, che segnerà la storia molto più del film musicato, Judgement Night (in italiano Cuba libre-La notte del giudizio). Anche in questo caso sarà la voce di Kim Gordon a spiccare.

IL DISCO
Cinque brani quelli contenuti all’interno di In/Out/In (Three Lobed Recordings), disco appena uscito a nome Sonic Youth, quattro strumentali e uno con la voce di Kim Gordon, estratti dall’immenso repertorio di rarità del gruppo. In questo caso si tratta di pezzi risalenti ai primi dieci anni del Duemila. L’approccio è quello delle jam, quell’attitudine all’improvvisazione che il pubblico della band newyorkese conosce bene anche grazie a certe indimenticabili performance live. Anche qui le chitarre dissonanti e i passaggi rumorosi e fumanti, infatti, assumono una forma libera che in qualche modo suona sempre familiare a chi ha seguito l’evoluzione di una delle formazioni che più hanno segnato la storia del rock, non solo indipendente e sperimentale, degli ultimi decenni. Resta solo da aspettare e sperare nella pubblicazione di altre rarità.