Il doppio D-Day di Angela Merkel, sempre più con le spalle al muro. Ieri sera a Berlino la cancelliera ha ricevuto con gli onori militari il premier Giuseppe Conte per il primo faccia-a faccia ufficiale con il governo Salvini-Di Maio. «Affrontiamo i problemi di petto: potenziamo Frontex e tuteliamo i confini esterni» è stata la pronta concessione di Mutti alla richiesta dell’Italia di «superare gli accordi di Dublino e stabilire le identificazioni nei paesi di transito». Una proposta unitaria, per scongiurare «la fine di Schengen» paventata da Conte, da presentare al Consiglio Ue del 28 giugno, che non risolve la crisi europea ma getta la prima campata del ponte verso la soluzione comunitaria immaginata da Merkel. È il secondo “armistizio” della giornata per la cancelliera reduce della tregua a tempo raggiunta nel pomeriggio con il leader della Csu.

«Nessun automatismo sui respingimenti dei profughi con permessi europei prima dell’accordo con i partner Ue a fine mese», ma «ingresso vietato da subito per i migranti con divieto di accesso in Germania, e soluzione Ue entro due settimane altrimenti Berlino procederà da sola».

Così, in rapida successione, le dichiarazioni di Merkel e del ministro dell’interno Horst Seehofer al termine delle riunioni separate dell’Union sul Masterplan-Migration del partito bavarese. Restituiscono il fragilissimo accordo raggiunto dopo quattro giorni di scontro frontale: Merkel ottiene il tempo che le serve per elaborare l’annunciata «soluzione europea» in cambio della promessa di appoggiare il giro di vite Csu in caso di fallimento del summit Ue; il leader Csu, invece, incassa il blocco del confine che fermerà gli «scandalosi arrivi di chi è stato già respinto in Germania», rimanendo pronto a respingere alla frontiera anche chi gode di protezione umanitaria nell’area Ue in caso la cancelliera non trovasse un accordo con Bruxelles «entro 15 giorni».

 

Ultimatum senza possibilità di rinvio accettato da Merkel, dopo il quale rischia di aprirsi ufficialmente la crisi di governo all’inizio di luglio. Secondo l’agenzia Dpa, ben prima dell’accordo con la cancelliera, Seehofer avrebbe dato ordine di predisporre «operativamente» la graduale intensificazione dei controlli ai confini della Baviera. È la prova che i bavaresi, questa volta, fanno sul serio, anche se a Berlino non molti credono all’effettiva attuazione della mossa che manderebbe in frantumi prima l’Union e poi la Groko con la Spd.

Di qui, la necessità di trovare la quadra prima che la reazione a catena inneschi la scissione.
Da Monaco, prima della direzione cristiano-sociale che ha dato luce verde al Masterplan, il governatore della Baviera Markus Söder ha precisato che i 63 punti sull’immigrazione della Csu non impediscono la soluzione europea. «Riteniamo che i Paesi prima debbano assumere le proprie decisioni, che poi confluiranno in un unico concetto europeo». Non esattamente un segnale di distensione, ma neppure il nein a qualunque protocollo sovranazionale sostenuto fino alla settimana scorsa.

Nella riunione dell’ufficio di presidenza Cdu, Merkel aveva ricordato la posta in gioco: «In base a come agirà la Germania si deciderà se l’Europa è destinata a rimanere insieme oppure no». Lezione di realpolitik che ha fatto scattare l’applauso dei dirigenti Cdu, anche se i margini della cancelliera restano stretti. Sul suo tavolo spicca il sondaggio Civey che ieri fotografava l’appoggio al divorzio tra Cdu e Csu di oltre il 70% dei bavaresi con il sostegno alla linea-Merkel ridotto a quota 24%.

Biglietto da visita imbarazzante per la cancellliera che oggi attende l’arrivo a Berlino del presidente francese Emmanuel Macron. In programma quattro ore di summit su immigrazione e governance del debito pubblico dei Paesi Ue, con l’obiettivo di costruire l’ombrello europeo imprescindibile per fermare le spinte centrifughe nell’Ue quanto a reggere l’urto della guerra commerciale dichiarata da Donald Trump e la Brexit.