«Alla Diaz dovevano fucilarvi tutti». Così nella caserma-carcere di Bolzaneto il dottor Giacomo Toccafondi, responsabile dell’infermeria durante il G8 di Genova, accolse una manifestante arrivata dalla scuola Pertini dove la polizia aveva appena compiuto quella che oggi è universalmente definita la «macelleria messicana». Ad altri diede dei «bastardi». A una ragazza tedesca, a cui la polizia alla Diaz aveva fatto saltare la metà dei denti, puntò il manganello alla bocca mentre altri cantavano «Manganello, manganello». Oggi, a distanza di quasi quattordici anni, l’Ordine dei medici di Genova ha sospeso Toccafondi per sei mesi. A ottobre potrà tornare a lavorare, quantomeno come libero professionista, poiché l’ex ufficiale della Croce Rossa, che oggi ha 61 anni, nel marzo 2014 è stato licenziato dalla Asl 3 genovese per il «venir meno del rapporto fiduciario in seguito ai fatti accertati dalla magistratura sotto il profilo deontologico, morale e professionale».

Toccafondi ha così perso il suo posto da chirurgo all’ospedale di Pontedecimo ma non è detto che, allo scadere della sospensione, non possa riacquistare anche quello visto che a giorni è prevista la sentenza del giudice del lavoro sul ricorso presentato contro il licenziamento. Secondo i beninformati ci sarebbero alcuni problemi di natura formale che potrebbero portare alla sua riassunzione. Tornando al provvedimento disciplinare, la sospensione di sei mesi dall’esercizio della professione «non è certo stata un buffetto sulla guancia» commenta l’avvocato Alessandro Vaccaro, che lo ha difeso nel processo penale e anche davanti alla commissione di disciplina dei medici: «I suoi colleghi hanno fatto le loro valutazioni sui comportamenti deontologici utilizzando come base le carte del procedimento penale che si è concluso con la prescrizione». «Abbiamo una legge istitutiva che prevede direttamente il passaggio dalla censura di sei mesi alla radiazione» si difende il presidente dell’ordine dei medici di Genova Enrico Bartolini. «Era indubbio che meritava una sanzione pesante e la commissione, formata da tre professionisti super partes, ha scelto una delle più gravi». Perché non la radiazione allora? «Perché sono stati valutati tanti elementi negativi, ma anche alcuni positivi. È stata una valutazione laboriosa durata oltre un anno e mezzo».

Se sugli elementi positivi, in assenza del testo del provvedimento, è arduo lavorare di fantasia, gli elementi negativi sono tanti e per ognuno di loro, come sancito dalla Corte di Appello di Genova, Toccafondi dovrà risarcire le sue vittime. Come per «l’aver costretto o consentito che le persone stessero nude nell’infermeria oltre il tempo necessario, che le persone di sesso femminile rimanessero nude anche davanti a uomini, osservate nelle parti intime e costrette a girare più volte su se stesse» o come l’aver «insultato direttamente le persone visitate… anche rivolgendo domande sulla vita sessuale con evidente segno di scherno». Oltre a omissioni di referto e minacce di vario tipo come la frase «se non stai zitto ti diamo anche le altre» rivolta a un arrestato a cui stavano saturando senza anestesia la mano appena lacerata da un agente.
Toccafondi, che «visitava» i fermati indossando la tuta mimetica invece del camice bianco, è responsabile di aver «effettuato triage con modalità non conformi ad umanità e tali da non rispettare la dignità della persona, sottoponendoli ad un trattamento inumano e degradante».
Per Clizia Nicolella, consigliere comunale e medico, che aveva chiesto un anno fa in una lettera pubblica indirizzata proprio a Bartolini, la radiazione di Toccafondi «si tratta di un provvedimento che sembra rientrare in una sorta di bon ton dell’Ordine, mentre sarebbe stato importante dare un segnale rispetto al limite che ha superato con un comportamento lesivo della dignità di tutti i medici». «Giustizia è fatta – è il commento carico di amara ironia dell’avvocato Emanuele Tambuscio, che ha difeso alcune delle centocinquanta parti civili nel processo di Bolzaneto -, diversamente Toccafondi sarebbe stato l’unico tra tutti i condannati del G8 ad essere radiato o destituito».