Nei giorni in cui cade l’anniversario della vittoria elettorale di Virginia Raggi, e proprio mentre si consuma la svolta securitaria del M5S, arrivano al pettine altre questioni che incrinano il rapporto tra la sindaca e diverse anime dei movimenti e della sinistra sociale. Pezzi di città che in alcuni casi avevano scelto di appoggiare la svolta grillina, all’insegna della rottura, o che più spesso hanno tentato (invano) di aprire un’interlocuzione con la nuova giunta.

C’è un’immagine che risale a due giorni fa: gli attivisti del Coordinamento romano acqua pubblica vengono strattonati in malo modo dalla polizia mentre espongono una grande bandiera dalla scalinata che affaccia sulla statua di Marco Aurelio. Si erano dati appuntamento per festeggiare un altro anniversario, il sesto dalla vittoria del referendum sull’acqua bene comune.

Si dà il caso che proprio in questi giorni, infatti, sia circolato il Piano di razionalizzazione delle aziende partecipate dal Comune di Roma, che contiene la vendita del 3,5% di Acea Ato 2, società di Acea Holding Spa che si occupa della distribuzione idrica a Roma e provincia. L’operazione, gestita dall’assessore e imprenditore Massimo Colomban (non esattamente un benecomunista) farebbe perdere la possibilità di nominare un consigliere di amministrazione, il che avrebbe ripercussioni nell’indirizzo strategico della gestione del servizio idrico della capitale. Pende anche la vicenda dello sgombero del Rialto, sede del Forum dei movimenti.

Proprio gli spazi del comune assegnati ad associazioni, onlus, centri sociali rappresentano un’altra crepa. Lo scorso 10 marzo una grande manifestazione era arrivata fin sotto alle grandi vetrate del Consiglio comunale per chiedere che la macchina infernale che minaccia sgomberi da mesi si bloccasse. Nell’incontro che ne era seguito, l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo si era impegnato a riscrivere un nuovo regolamento, al fine di bloccare gli sgomberi che minacciano decine di spazi a causa di un’improvvida delibera della giunta Marino e da alcune sentenze (poi in parte rientrate) della Corte dei conti. Da quel momento in poi tutto pare essere tornato nella palude.

«Gli assessori e i consiglieri dei M5S si sono rifiutati di avviare qualunque percorso di partecipazione, perfino di minima trasparenza», affermava qualche giorno fa la rete Decide Roma, che da mesi chiede che vengano aperti spazi di partecipazione.

Altrettanto paradossale, la vicenda in cui sono incappati gli organizzatori dell’iFest, evento autogestito e senza scopo di lucro che da anni anima l’estate nel quartiere di Montesacro. Quest’anno iFest ha rischiato di saltare a causa dei cavilli posti dal municipio di zona (in mano ai grillini). Le notizie dell’ultim’ora sono più rassicuranti, pare che la caparbietà dei promotori abbia avuto la meglio.

E poi c’è il fronte interno, silente in pubblico ma rumoroso nelle chat e nelle riunioni a porte chiuse. In primis brucia ancora la questione controversa della grande cementificazione associata allo stadio della Roma. Ieri l’assemblea capitolina ha approvato la delibera che riconosce il pubblico interesse al progetto così come rivisto dall’accordo di febbraio scorso tra giunta, società calcistica e il costruttore Luca Parnasi. Alla seduta non ha partecipato la consigliera grillina Cristina Grancio, che è stata «sospesa» dai probiviri del M5S a causa della sua posizione critica sulla grande opera.

Assieme a lei, molti attivisti pentastellati trovano inspiegabile l’ok a un progetto che è stato ridotto soprattutto a scapito delle opere pubbliche, con modifiche che dunque favoriscono ulteriormente gli imprenditori. «È completamente saltata la connessione con i consiglieri – ci dice un attivista- è diventato difficile persino organizzare delle riunioni con loro, soprattutto se si viene etichettati come critici».