«Solo el pueblo salva al pueblo», si sente ripetere in tutta l’America latina. E mai come ora tale slogan è apparso più appropriato. Perché, se l’impatto del Covid-19, in termini di aumento della disoccupazione e di incremento della povertà, sarà di proporzioni storiche, l’opzione dei governi è quasi ovunque la stessa: tutelare gli interessi della classe imprenditoriale e lasciare al suo destino il settore del lavoro informale e precario.

Così, a farsi sentire è la solidarietà de «los de abajo», quelli che stanno in basso. Quelli che papa Francesco, nella sua lettera pasquale ai movimenti popolari, ha definito «poeti sociali» impegnati a creare dalle periferie dimenticate «soluzioni dignitose» per gli esclusi, per rendere loro «le cose meno difficili e meno dolorose»: un esercito invisibile senza altro che «la solidarietà, la speranza e il senso di comunità che rifioriscono in questi giorni in cui nessuno si salva da solo».

Tra gli innumerevoli strumenti risalta in particolare quello delle ollas populares, come vengono chiamate le cucine allestite nei quartieri poveri, anche in strada, per garantire un pasto a chi non può più permetterselo.

Uno strumento diffuso in Argentina, dove oggi è prevista, nel rispetto dei protocolli di distanziamento sociale, la giornata 1000 ollas populares, convocata dalla Federación Nacional Territorial, con lo slogan «La fame è un crimine”, al fine di imporre all’attenzione delle autorità la situazione di estrema vulnerabilità sofferta dalle famiglie impoverite dal modello neoliberista. Ma anche in Paraguay e in Uruguay, dove esiste persino un portale (ollapopular.uy) con la mappa dei punti di distribuzione di alimenti, le ollas populares si moltiplicano, cucinando «cibo e lotte» per le famiglie più colpite dal lockdown.

Molto attivo è in Brasile il Movimento dei senza terra, in particolare attraverso la campagna «Vamos precisar de todo mundo», che riunisce, tramite una piattaforma online, le iniziative in corso di oltre cento realtà aderenti al Frente Brasil Popular e Povo Sem Medo. Ma anche con l’impegno a fianco della Rede Nacional de Médicas e Médicos Populares, attraverso il gruppo di medici del Mst formati a Cuba che, in ogni stato, assistono la popolazione più indifesa, con tanto di campagne di distribuzione di farmaci a base di erbe e donazioni di sangue.

E ovunque il movimento è attivo nella distribuzione di alimenti, come le 5 tonnellate di cibo donate da tre accampamenti del Paraná (a rischio di sgombero) alle famiglie povere dei comuni di Castro e Ponta Grossa o le 12 tonnellate di riso biologico destinate alle famiglie a basso reddito della periferia di Porto Alegre. Diverse anche le forme di auto-organizzazione messe in campo soprattutto nelle favelas di São Paulo e Río de Janeiro, dove è nata una rete di volontari impegnati nel compito di frenare la diffusione del contagio nelle comunità.

Ma la solidarietà attraversa dal basso tutto il subcontinente, portata dai pescatori di Tirúa, nella regione cilena del Bío Bío, che regalano tonnellate di pesce alla popolazione povera del municipio, come dai giovani cileni che, in attesa di tornare in piazza, si pongono al servizio dei più deboli, o dagli indigeni kukama, nell’Amazzonia peruviana, che hanno inviato alle famiglie più in difficoltà di Nauta 150 chili di pesce e frutta e verdura da loro prodotte.

È intervenuto tempestivamente anche l’Esercito zapatista, che, di fronte «alla frivola irresponsabilità e alla mancanza di serietà dei malgoverni e della classe politica», ha disposto la chiusura totale e immediata dei caracoles, adottando le misure sanitarie necessarie e invitando «a non perdere il contatto umano, bensì a cambiare temporaneamente i modi di saperci compagne e compagni».