Spiazzato dall’interpretazione unanime dei media sulla sua conferenza stampa di giovedì – non può annullare la gara, sta cercando di prendere tempo ma alla fine c’è solo Mittal – il ministro Luigi Di Maio ieri ha ribadito che «la questione dell’annullamento della gara non è finita: per annullarla non basta che ci sia l’illegittimità (per Di Maio confermata dal parere dell’avvocatura, ndr), ci vuole anche un altro semaforo che si deve accendere, quello dell’interesse pubblico, e lo stiamo ancora verificando». E ancora: «L’Avvocatura mi ha detto che posso ritirare la gara se ci sono altre aziende interessate, ma dopo due anni e 8 mesi le aziende non ci sono più, si sono sciolte», chiarisce il ministro.

E ALLORA NELLA PROCEDURA allungata di 15 giorni – al termine della quale il parere dell’avvocatura sarà pubblicato – è entrato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa che per accertare il possibile «vizio dell’interesse pubblico concreto e attuale» sta «guardando in concreto sulle tematiche ambientali cosa è contrattualmente previsto, cosa è stato fatto e che si deve fare». Costa ha spiegato di avere «una competenza endoprocedimentale» cioè «dentro la competenza dell’intero governo» che è allargata alla gara per la cessione del gruppo siderurgico e che il «primo step è verificare cosa è stato fatto e si deve fare per la tutela ambientale». «Come ministero dell’Ambiente facciamo uno studio squisitamente tecnico – ha spiegato l’ex generale dei carabinieri – che non ha nulla di politico, per vedere dal punto di vista ambientale la situazione come è e come potrebbe diventare. In una settimana solare, alla fine della settimana prossima, restituisco il dossier al Mise per le sue valutazioni, e poi per le valutazioni collegiali del governo».

Nel frattempo Di Maio insiste perché vada avanti la trattativa fra sindacati e Mittal per arrivare ad un accordo entro la deadline del 15 settembre quando il gruppo franco indiano, come da contratto firmato, potrà prendere possesso di Ilva anche senza accordo sindacale. «Il 15 settembre è una data che conosco bene perché finiscono i soldi, quindi mentre noi verifichiamo, deve andare avanti il tavolo con Mittal e sindacati, alla mia presenza», ha spiegato il vicepremier.

MA I SINDACATI CHIEDONO a gran voce «certezze» e quindi la fine della querelle sull’annullamento della gara: insomma, un cane che si morde la coda. «Se i sindacati non vanno alla trattativa in mia presenza, è una responsabilità che si assumono loro», ha attaccato Di Maio rispondendo soprattutto alla Fim Cisl di Bentivogli, la più critica con lui tanto da parlare apertamente di sciopero.

Ieri il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan ha di molto ammorbidito i toni rispetto a Bentivogli: «Vanno risolte tutte le ambiguità. La gara è valida, l’interlocutore è serio. Ci vuole la volontà di tutti di uscire dalle polemiche. È urgentissimo uscire dalle ambiguità ed affrontare il tema vero che è quello dell’occupazione».

Da parte Fiom si chiede «un’accelerazione e un impegno maggiore da parte del governo per cercare di portare a casa il risultato pieno, al netto poi delle risultanze che emergeranno dalla questione del piano ambientale».
La convocazione da parte di Di Maio è dunque probabile anche perché Mittal ha apprezzato il riconoscimento del vicepremier, ribadito anche ieri: «gli indiani hanno fatto bene e in buona fede, è il pubblico che ha fatto un macello».
Ma il problema di fondo rimane lontano dalla soluzione. Diversamente da quanto sostenuto dai portavoce di Mittal, le distanze sul piano occupazionale rimangono inalterate: gli indiani non si spostano da quota 10mila, i sindacati vogliono tutti i 13.800 riassunti, fermi sulla posizione di non accettare «alcun esubero».