Se la Russia nei prossimi anni non cambierà la propria politica estera è destinata a perdere la «seconda guerra fredda» che la sta opponendo all’Occidente.

È quanto si desume dalla lettura del documento, presentato ieri alla stampa, dal Centro per la Fondazione di Ricerca Strategica (Cfrs) di Mosca, il think-thank creato qualche anno fa da Alexey Kudrin.

Kudrin, classe 1960, proviene dalla filiera leningradese dei collaboratori di Vladimir Putin, è stato ministro delle finanze della Federazione dal 2007 al 2011 quando è stato dimissionato in seguito al duro scontro con i siloviki ipernazionalisti di Igor Secin.

Il documento affronta di petto tutti i temi del confronto strategico tra gli Stati innescato dalla globalizzazione, dalla crescente concorrenza internazionale, dalle tensioni regionali e dal multipolarismo. L

’ampiezza dei temi toccati dal documento pone Kudrin e la sua squadra, come vero e proprio «governo ombra» strategicamente alternativo al «putinismo». E offre altresì interessanti punti di riflessione e un utile quadro di riferimento – se depurato dalle ideologie del «liberismo temperato» e della pacifica composizione delle contraddizioni intercapitalistiche – per l’analisi marxiana e la sinistra radicale.

Secondo il documento del Cfrs, gli Stati uniti resteranno nei prossimi anni la potenza dominante anche se «in costante declino». I maggiori attori con cui gli Usa si confrontano sono la Cina e l’India (potenze ascendenti) e la Ue «il cui peso politico nel futuro potrebbe crescere a dispetto delle difficoltà dell’integrazione».

Il centro di Kudrin sostiene che la Russia, pur non avendo una forza economica comparabile a questi Stati e restando in posizione semi-periferica, «può prendere parte al gioco dei mutamenti in corso».

La Russia potrà giocare un ruolo fondamentale per la sua posizione strategica in chiave geopolitica (Eurasia) e come «bilancia di potenza», se eviterà di puntare al confronto di potenza militare.

Il Cfrs ritiene infatti che malgrado le «contraddizioni tra Cina e Usa» diventeranno una «costante» nei prossimi decenni, un «conflitto aperto non è prevedibile» in quanto tali contraddizioni «coesistono con un alto livello di cooperazione economica».

In questo quadro la Russia commetterebbe un grave errore se dovesse puntare «a una inevitabile caotizzazione delle relazioni internazionali». Oggi, infatti, per gli autori, «il potenziale dell’industria militare russa è vicino al 100% e una aggressione diretta contro la Russia, altamente improbabile», anche se la pressione della Nato nel Baltico e in Europa centrale pongono qualche dubbio in merito.

In Asia in particolare, la Russia dovrebbe «porsi come mediatore interculturale del dialogo, mentre attivamente partecipa alla lotta globale conto il terrorismo» in quanto sperimentato paese multinazionale e multiconfessionale e laddove la lingua russa, grazie all’Urss e alla diaspora, resta una delle più parlate al mondo.

Un motivo di riflessione per Kudrin, è anche lo iato tra l’attivissima collaborazione economica con la Cina a fronte di un «debole confronto politico» e i rapporti economici con l’India «vicini alla stagnazione».

Un ampio capitolo del documento è dedicato al ruolo fondamentale che giocherà, ancora di più nel futuro, la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica.

Per il think tank di Mosca, «nei due scorsi decenni la Russia ha parzialmente lavorato per ridurre il gap tecnologico e scientifico» con l’Occidente, tuttavia in questo campo ora «la Russia sta perdendo terreno e ciò pone dei seri problemi per il futuro del paese».

E l’impatto che avranno le energia rinnovabili pone «ulteriori seri problemi a un paese dipendente dalla esportazione energetica». Non a caso il ritardo tecnologico e la dipendenza dalle esportazioni di materie prime furono i motivi fondamentali che condussero l’Urss prima alla stagnazione e poi al crollo.