Dagli anni ’60 le grandi compagnie petrolifere svolgono nel delta del Niger intense attività estrattive le cui conseguenze devastano l’ecosistema e la fragile economia della zona: infatti dei proventi del settore del gas e del petrolio, che contribuiscono al 79.5 % del bilancio del paese, la popolazione non trae giovamento a causa della corruzione della classe dirigente, rimanendo al contrario una delle più povere del mondo e vivendo in un ambiente dove suolo, acque ed aria fortemente contaminati impediscono agli abitanti l’accesso ai diritti di base e al lavoro agricolo. In questo scenario si inserisce la storia di “Soldi sporchi” graphic novel disegnata da Claudia Giuliani, curata dall’associazione Re:Common e pubblicata a febbraio- in italiano e in inglese- da Round Robin Editrice. La storia è ambientata tra Lagos e Londra e si concentra sulla figura di Dotun Oloko, un impresario nigeriano produttore di un documentario sull’Unità anticorruzione (Economic and Financial Crimes Commission) e su James Ibori, governatore dal 1999 del Delta State, una delle regioni più ricche di petrolio di tutto il pianeta. Mentre Ibori viene assolto dai 170 capi d’imputazione-evidentemente protetto dal presidente Umaru Yar’Adua- a Londra né la Banca Europea per gli investimenti, né il Ministro per la Cooperazione Britannica, né le agenzie per lo sviluppo europee sembrano accogliere le domande di Oloko, volte a chiarire il coinvolgimento di investitori stranieri nelle operazioni di riciclaggio con le quali Ibori sottrae decine di milioni di dollari dalle casse statali. Solo con l’aiuto di Nick Hildyard dell’organizzazione Cornerhouse, Oloko riesce a farsi ascoltare e a spiegare come il governatore Ibori si stia appoggiando su fondi sostenuti da enti e istituzioni europee e su società registrate nei paradisi fiscali. Scopre così che il Ministero della Cooperazione ha rivelato la sua identità alla società contro cui rivolgeva le accuse di riciclaggio, la Emerging Capital Partners, mettendo a repentaglio la sua incolumità. Nel 2012 finalmente Ibori viene condannato a 13 anni per aver “saccheggiato le casse statali a suo vantaggio, riciclando denaro attraverso istituti di credito britannici”; Oloko invece dal Ministro della Cooperazione, che non ha mai aperto quell’indagine da lui sollecitata per chiarire i rapporti con Ibori con la ECP, ottiene solo una stringata lettera di scuse.

La scomoda vicenda è proposta nelle pagine a fumetti che occupano la metà del libro, firmate da Claudia Giuliani, qui alle prese con una spinosa opera prima. La storia occupa 6 anni, ma la scansione temporale del racconto segue quella della cronaca. Con un bianco e nero pulito e senza fronzoli, Giuliani narra la storia di Oloko e del suo impegno per far emergere la verità in modo chiaro e incalzante, costruendo un personaggio solido e determinato a trasmettere la complessità del suo operato. L’autrice racconta: «Lavorare su “Soldi Sporchi” non è stato facile. La prima volta che ascoltai la storia capii che la sfida era riuscire a strutturarla sulla pagina. Luca Manes e Carlo Dojimi di Re:Common sono stati molto attenti a sceneggiare l’intera storia, grazie anche all’aiuto di Dotun Oloko, il protagonista, che supervisionava il lavoro. Grazie a questo mi sono avvicinata meglio ai due protagonisti: James Ibori e Dotun Oloko, alla loro storia, ai loro caratteri, ai luoghi e alle diverse ed estreme situazioni che hanno vissuto. Visto la gravità della vicenda mi sono concentrata per dare ad ogni tavola una buona sintesi illustrativa che alleggerisse ciò che avremmo in seguito comunicato. Infatti non ho usato gabbie ben precise. Ho cercato di dare risalto alle tavole prive di dialogo con azioni decise ed espressività; scegliere le inquadrature adeguate per rendere più o meno scorrevole la narrazione. Ogni tavola ha avuto la sua giusta importanza. Ho caratterizzato la mia linea chiara inserendo le tonalità di grigio, fondamentali anche nella descrizione dei due spazi dove nasce e si sviluppa la storia, ovvero Londra e il Delta del Niger». Completano il libro una postfazione a carico di Hildyard di The Cornerhouse, il memorandum di Dotun Oloko presentato all’OLAF, l’ufficio Europeo per l’antifrode, la lettera di Oloko al Ministero della Cooperazione e la misera risposta di Andrew Mitchell, segretario di stato dello stesso ministero. La parte finale corre a carico di Re:Common, associazione attiva nella riforma della Banca Mondiale nel suo impegno per sottrarre al mercato e alle istituzioni finanziarie private e pubbliche il controllo delle risorse naturali. Nel dossier “Il Delta dei veleni” vengono analizzate le responsabilità non solo di Shell, ma anche dell’italiana Eni che da anni porta avanti la pratica del gas flaring (che aumenta esponenzialmente le emissioni di anidride carbonica) e che è stata richiamata da Amnesty International nel 2013 affinché renda pubblici i dati sull’impatto ambientale delle sue attività nella zona. Leggendo il libro si ha la sensazione di essere in qualche modo travolti dalla stessa marea nera che soffoca la flora e la fauna del delta del fiume Niger e che compromette fortemente la salute e il lavoro di migliaia di persone. Si ha la sensazione di essere impotenti di fronte all’ingente quantità e alla drammaticità dei dati offerti dai documenti e anche quella, sgradevolissima, di aver contribuito in modo indiretto a questo scempio.