La fibrillazione politica, come un terremoto, si trasmette ormai passo passo in tutti i tavoli aperti nella maggioranza. E rovescia quello sulla riforma del finanziamento dei partiti, cavalli di battaglia di Grillo e Matteo Renzi. Oggi pomeriggio il testo del ddl ritorna nell’aula di Montecitorio, da cui è già tornato una volta in commissione: ma non c’è accordo ed è difficile che l’esame degli emendamenti non slitti alla prossima settimana.
Ieri l’ultima discussione in commissione è finita con l’ennesimo nulla di fatto. Fra Pd e Pdl, che pure si erano trovati d’accordo sull’estendere la cassa integrazione anche ai dipendenti dei partiti, restano lontane le posizioni sul tetto alle donazioni dei privati, sulla depenalizzazione del finanziamento illecito, e sull’emendamento salva Forza Italia, l’accesso al finanziamento ai partiti che non si sono presentati con il proprio simbolo alle ultime elezioni.
Ma lo scoglio insormontabile è il tetto. Per il Pd è irrinunciabile fissare l’asticella a 100mila euro. Per il Pdl si tratta di un attentato alla vota del partito. I democratici Sanna e Bresso hanno tentato una mediazione in extremis per renderne progressiva l’entrata in vigore (nel primo anno sarebbe fissato al 10 per cento del bilancio del partito, nel secondo al 5, nel terzo a 100 mila euro). Ma il Pdl, che vive in gran parte grazie alle generose donazioni del Cavaliere, di queste cifre non vuole neanche sentire parlare. «Per noi il tetto ha a che vedere con la natura di un partito», spiega Emanuele Fiano, relatore Pd in commissione, in tandem con la portavoce Pdl Maria Grazia Gelmini, «quindi, se passiamo a un sistema di finanziamento tendenzialmente privato, dobbiamo assicurarci che qualche facoltoso non abbia la possibilità di impadronirsi del partito». «Nel resto d’Europa esistono forme di finanziamento pubblico, in Italia c’è un sentimento diffuso che ne chiede la cancellazione: ma ciò non può significare che i partiti debbano essere messi nelle mani solo dei ricchi. Il tetto di 100mila euro è il ’minimo sindacale’ per non ledere il rispetto dei principi contenuti nella Costituzione», spiega la dem Silvia Velo.

Il Pdl non cede, anzi rilancia proponendo una forma di depenalizzazione del finanziamento illecito che rischia di incidere sui procedimenti in corso. Inaccettabile per il Pd. Le porte non si sono del tutto chiuse, ma il provvedimento parte domani per destinazione incerta e rischia di aggiungersi alla pila di pratiche rinviate e inevase del governo delle larghe intese. Per di più, anche nel Pd, dove già sono in vita norme di trasparenza sulle donazioni private, la cancellazione totale del finanziamento pubblico non piace all’ala trasversale dei fedeli all’autonomia della politica.

Pronto a fare pirotecnie in aula sul proprio cavallo di battaglia anche l’M5S, altro partito con facoltoso finanziatore alle spalle: «Presenteremo una proposta alternativa dove prevediamo solo le donazioni dei privati con un massimale annuo di 5 mila euro, il rischio è che la nuova legge faccia più danni di quella attuale», annuncia Danilo Toninelli, vice presidente della Commissione Affari costituzionali. «Questa maggioranza ha cercato solo di insabbiare la legge, consapevole che non avrebbe mai trovato una quadra. Era chiaro: il Pd vuole partiti pesanti che abbiano statuti fatti di tonnellate di burocrazia; il Pdl, che ha un solo finanziatore, certo Silvio Berlusconi, non vuole statuti pesanti e soprattutto non vuole tetti per le donazioni. Altrimenti Silvio come farebbe?».