Fra i vegetariani di lungo corso per ragioni etiche, ambientali e «terzomondiste», due saggi sono stati un riferimento: Giusta alimentazione e lotta contro la fame, scritto negli anni Settanta dal medico Pierre Parodi; e il molto più famoso Dieta per un piccolo pianeta, di Frances Moore Lappé (prima edizione 1971). La soia non era centrale nel ragionamento.

Oggi, invece, il legume giallo di origine cinese catalizza l’attenzione di media e business mentre il mondo è percorso da due fenomeni relativamente nuovi. Nei paesi del Sud si impennano i consumi di prodotti animali (in precedenza a livelli bassi o molto bassi) e aumenta l’uso e l’export della soia come mangime. In Occidente – grande carnivoro da svariati decenni – è in pieno boom la soia per il consumo umano – l’alimentazione vegetale è ritenuta più sana anche da svariati vip.

Ormai il legume giallo di origine cinese non è più solo la base per spugnosi spezzatini e bistecchine «imitazione carne», nonché per bevande e tofu insapori, ma si sta affermando come ingrediente vegetale di cibi che della carne simulano perfino la sanguinolenza. Ci investe lo stesso fast-food multinazionale, a grande richiesta dei clienti neo salutisti ma amanti del gusto carneo (eppure, in De esu carni, Plutarco si chiedeva come i sensi – palato, odorato, vista – non ne fossero disgustati). La catena Burger King si è affidata alla società Impossible Meat che ha brevettato un hamburger a base di soia; Mc Donald’s e Kentucky Fried Chicken hanno preferito Beyond Burger a base di altri legumi. Sono sostituti certo industriali e sempre multinazionali (oltre che benissimo quotati in borsa); ma evitano di stipare animali in lager, rimpinzarli di mangimi e poi ucciderli, oltretutto con il pesante impatto ambientale e climatico sottolineato per la prima volta a livello ufficiale da un rapporto Fao nel 2007. Secondo la società di consulenza globale AT Kearney – leggiamo sul il Sole 24 Ore – nel 2040 il 35% del mercato della «carne» sarà coltivato in laboratorio e il 25% sarà costituito da prodotti a base vegetale.

In Occidente, dunque, la soia è imprescindibile per i nuovi veg-boomers totali o parziali. Non è necessariamente così per quelli di antica data, che da Mc Donald’s & C. non entrerebbero neanche morti, non hanno alcuna nostalgia della bistecca e in più associano mentalmente la soia alla distruzione delle foreste tropicali. I veg senza soia consumano una serie di alternative deliziose, spesso fai da te. Polpette di ceci neri e fiocchi d’avena; latti vegetali di sorgo, mandorle, riso, avena; salse di ceci e lenticchie fermentati al posto del tamari di soia; «formaggi» di lievito alimentare in scaglie o di semi di girasole e altri semi oleosi; «maionese» senza uova che al latte di soia preferisce sesamo e limone; besciamelle di farina tostata.

Nel Sud del mondo, il giallo legume quando è destinato all’uso umano è anche un alimento utilizzato per far uscire le persone dalla sotto nutrizione proteica e in micronutrienti (è in corso il «Decennio Onu» sulla nutrizione). Ci dice da Addis Abeba Filippo Dibari, coordinatore del Team nutrizione del Programma alimentare mondiale: «La soia è presente in un porridge fortificato, il Super Cereal, destinato al trattamento della malnutrizione acuta moderata nei bambini e della malnutrizione acuta moderata e severa nelle donne incinte e allattanti». Ugualmente importanti nei prodotti nutrizionali sono le arachidi (alla base della crema iperconcentrata Plumpy), ceci e cereali.

Decenni fa fu sviluppato in Brasile un programma alimentare a basso costo e gestibile a livello familiare per combattere la malnutrizione proteica e in micronutrienti con vegetali fra i quali la soia. L’ospedale pediatrico di Ho Chi Minh Ville (Vietnam) si avvaleva di biscotti ipernutrienti a base di soia e alga spirulina che in seguito le agenzie internazionali utilizzarono anche in Corea del Nord durante la carestia. Nel decennio 1980, il presidente rivoluzionario del Burkina FasoThomas Sankara insistette sul latte di soia per i bambini. La comunità di vegetariani Farm, nel Tennessee (Usa) sostenne diversi progetti per la produzione e distribuzione del latte di soia fra le popolazioni povere in Centramerica.