Inventarsi un mondo unico nel suono non è cosa da poco, ma per pochi. Paolo Angeli ha creato, nel tempo, con sapienza da artigiano, un universo tutto suo ed anche stavolta l’esplorazione regala lampi, abissi, vertigini. Una suite di quarantadue minuti, sei movimenti di una navigazione per acque familiari eppure ignote, condotta con piglio sicuro ed epica febbre di conoscenza dal musicista sardo, di stanza a Barcellona da molti anni, ma con JAR’A tornato a casa. Questo viaggio dischiude echi, sogni, incubi ed archetipi, come un’Odissea elettroacustica, tra le scosse telluriche delle distorsioni e le creature mitologiche suggerite dai timbri multiformi della chitarra preparata , vero e proprio strumento-orchestra che solleva la polvere da orecchie e cuori e da terre intime, remote.

COME TORNARE al mistero dell’origine, al grembo materno, uscendo dal quale cominciarono stupore e spavento. La stessa monumentalità fragile e commossa di certe partiture di Bjork, con la voce anche qui a svettare in alcuni frangenti: a prendere le redini del canto Angeli e Omar Bandinu dei Tenores di Bitti Malianu Pira, che col suo basso gutturale inventa spazi e ci fa sprofondare nell’estasi ancestrale, liberando un’antica tradizione nel magma della musica improvvisata. Aria di sconfinata libertà è proprio quella che si respira in un lavoro ispirato e luminoso, un arcipelago di idee uniche e mutevoli, tra l’austerità solenne della pietra e la furia delle correnti e folate di vento a spazzare via tutte le banalità di cui siamo soliti circondare le nostre vite. Distanze, santuari nuragici, sponde, migrazioni, sabbia, sillabe di meraviglia, onde feconde e terra fertile di confusione, un itinerario di ascensione verso gli abissi del fuori e del dentro. «JAR’A è il mio ritorno in superficie, protetto dal polmone del mare, stanco, consumato dalla salsedine e dal tempo, tra raffiche mai domate», racconta Angeli. Si torna a casa, ascoltando questo disco, lontani dalle lande affollate dell’ascolto distratto, per approdare in un luogo dove giunge il canto di sirene che non sapremo mai dire e regnano la trance di un avant-folk spalancato al mondo e il motto di Frank Zappa: «Informazione non è conoscenza. Conoscenza non è saggezza. Saggezza non è verità. Verità non è amore. Amore non è musica. La musica è il meglio».