In attesa della riapertura, prevista come annunciato sul sito il prossimo 15 luglio, la Cinémathèque française prosegue sulla sua piattaforma Henri – in omaggio al fondatore, Henri Langlois – una programmazione cinefila di film rari e eccentrici, come i tre cortometraggi presentati in : Brisseau, l’après-midi, «Brisseau, il pomeriggio», e la parola pomeriggio ritorna in ognuno dei titoli film, un amour l’après-midi, l’amore il pomeriggio di rohmeriana memoria? Fu tra l’altro  proprio Rohmer a produrre con le Films de Losange il primo lungometraggo di Jean-Claude Brisseau, La croisée des chiemins (1975) il diario di rivolta di una giovane liceale di cui il regista è anche protagonista insieme a Lisa Heredia – sua compagna per tutta la vita, montatrice dei suoi film,sceneggiatrice, e interprete anche per Rohmer in Il raggio verde (1986).

MA CHI è Jean Claude Brisseau? Per coloro che non lo conoscono, e in Italia la sua opera non ha circolato fuori da qualche festival, questi film – disponibili sul sito della Cinemtheque gratuitamente – www.cinematheque.fr – possono essere un inizio per avventurarsi in una filmografia che anche oltralpe è rimasta oscurata nonostante alcune celebrazioni critiche. Troppo sfacciata, forse, poco riconducibile a scuole, ondate, attraversata da una sulfurea passione per il cinema espressa nei corpi, nei fantasmi di un desiderio – maschile, certo, ma sempre dichiarato – in un erotismo voyeur fino al dolore.

C’era un’ostinazione in questo regista, – morto a maggio del 2019 – e tra le figure del cinema francese ricordate nella cerimonia di quell’anno ai Cesar venne oscurato, ancora una volta messo fuori campo – che è quella di un combattente, quasi un mistico, con l’energia che gli ha permesso anche senza soldi e grandi sostegni di realizzare alcuni dei i film più spiazzanti del cinema francese (De bruit et de fureur, 1988 ; Noce blanche, 1989 ; L’Ange noir, 1994)… In fondo pure questo piccolo omaggio appare come una sorta di «compensazione» al fatto che la Cinémathèque proprio nel 2019 prese la decisione di cancellare la sua retrospettiva, prevista all’inizio dell’anno, pochi mesi prima la sua morte, dopo le polemiche accese da quella di Polanski – che invece rimase in piedi. Questione di «peso» sul mercato? Chissà.

È VERO, nel 2005 Brisseau venne accusato di molestie sessuali da sue due giovani attrici, che aveva chiamato per lavorare in Choses secrètes (2002) – e poi però non aveva preso. Noémie Kocher e Véronique Hirat avevano detto di essere state costrette per la preparazione del film a provare molte scene in cui si dovevano toccare a casa o in posti pubblici per rendere il piacere, l’orgasmo femminile- che il regista voleva poi esploraresullo schermo. E queste «prove erotiche»erano andate avanti incomprensibilmente al momento in cui aveva deciso di non lavorare con loro. Brisseau era stato condannato a un anno di carcere e a un indennizzo, però nei giorni delle accuse la cosa non è mai stata ricordata- per carità nessuna giustificazione solo coerenza dei fatti – e poi l’aura dei suoi film, popolati da fanciulle giovani, visioni del desiderio, professori innamorati delle allieve (Noce blanche) lo avevano già un po’ etichettato.

Cineamatore, o ancora meglio cine-folle, per dire del sentimento nel fare cinema di Brisseau, forsennato cinefilo da sempre, che si definiva «il figlio della donna di servizio catapultato nel sogno del cinema» in cui tutto si mischia, la vita e i racconti. I soldi non ci sono per frequentare la scuola di cinema e così fa altro. Ma nel 1975, appena esce, si compra subito una super 8 sonora, e gira quei film in cui parla di sé, prima persona sempre obliqua, attraversata da passaggi e rifrazioni in cui si specchiano la sua esperienze di insegnante in banlieu, i fallimenti, le cadute.

«L’infanzia è il cuore delle nostre ferite, quando amori, punizioni, attese non sembrano mai finire e rimangono incancellabili» dice la voce fuori campo del personaggio di uno dei corti, L’aprés midi d’un jeune homme qui s’ennui (1968).
Girati tra il ’66 e il ’68 in 8 millimetri o in super 8 – ci sono le barricate in Dimanche après-midi ’66-67 – questi film esprimono già le sue ossessioni, così testarde da farsi male. Passione. Perdita, Crimine. Il dolore di tutte le separazioni. La morte. Il sesso. Il suicidio. La grazia. Il desiderio che è sempre anche quello del cinema, al punto da farsi prendere a lavorare negli stabilimenti Kodak per pagare meno la pellicola. La trilogia – il terzo titolo è Mort dans l’après-midi (1968) è visionaria, anche nei suoi toni acerbi di un poco più che ventenne – era nato nel 1944 – a confronto con le proprie fantasie.

E LE VISIONI di erotismo fantasticato dai suoi personaggi, giovani uomini in disparte, con in testa la morte, chiusi nella stanza, nel letto, nella geometria dei pomeriggi di noia, tra fantasie solitarie e folgorazioni morbose, tratteggiano appunto la geografia intima dell’autore che piani piano, film dopo film, percorrerà senza sottrazione. Nel cinema e nel vissuto.