«Nella manovra di bilancio passata alla camera c’è un poker d’assi ambientale» ha scritto recentemente su facebook Sergio Costa, titolare del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Mattm). Ad alcune centinaia di lavoratori Sogesid, però, rischia di toccare l’asso di picche. Per questo domani sciopereranno per la terza volta in meno di tre mesi. Dalle 9.30 saranno al ministero dello Sviluppo Economico con il sostegno delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap).

La vicenda è complessa e tira in ballo la storica mancanza di dipendenti diretti del ministero dell’ambiente e gli escamotage trovati negli anni per sopperire a questa lacuna. Sogesid è una società a capitale pubblico che svolge importanti funzioni di ingegneria e assistenza tecnica per il Mattm. Nasce nel 1994 per gestire impianti di depurazione nel Mezzogiorno e amplia poi le sue attività al settore delle bonifiche. Nel 2015 estende la propria azione a tutti i settori di competenza del ministero dell’ambiente. Di conseguenza, moltiplica l’organico da alcune decine di dipendenti a 530 lavoratori attraverso concorsi pubblici indetti su richiesta del ministero.

Da quel momento la società viene accusata di essere un costoso strumento per aggirare il blocco delle assunzioni nel pubblico. In particolare, finisce nel mirino del Movimento 5 stelle, che già nel 2016 presenta alcune interrogazioni parlamentari sul rapporto tra Sogesid e ministero. Nel «programma ambiente» stilato dal partito grillino per l’ultima campagna elettorale, si legge la proposta di «riportare in capo al ministero e a Ispra (istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) tutte le funzioni devolute a Sogesid». Il 27 giugno scorso, in una delle prime dichiarazioni da ministro, Costa afferma: «voglio tecnici: farò concorsi per assumere. La Sogesid torni alle bonifiche».

«Se volessero dare un taglio con il passato eliminando la società attraverso le internalizzazioni nessuno di noi si opporrebbe – afferma Roberto (i nomi sono di fantasia), biologo, che lavora dal 2003 per il ministero e dal 2012 in Sogesid – Il problema è che questa azione del governo non colpisce la società, ma noi lavoratori». In diverse occasioni Costa ribadisce la volontà di indire un concorso senza alcun canale preferenziale per chi ha prestato servizio per il ministero durante molti anni. «Il 5 e il 15 ottobre abbiamo scioperato in maniera compatta, con adesioni intorno al 90%» racconta Antonella, biologa, che dal 2002 lavora per il ministero e dal 2012 è dipendente Sogesid. La protesta indetta da Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec sembra smuovere qualcosa. Sogesid convoca riunioni con le direzioni dei diversi settori. Il presidente e amministratore delegato Enrico Biscaglia promette un piano industriale per tutelare i posti di lavoro fuori dal rapporto con il Mattm.

«Arriviamo così a una terza assemblea infuocata – continua Antonella – Gli animi si scaldano e parte una contestazione ai sindacati. Avevamo chiesto un tavolo tra lavoratori, Sogesid e ministero di cui non c’è traccia». Le organizzazioni confederali, infatti, vogliono procedere sulla strada della trattativa con Biscaglia. Per molti lavoratori, invece, il ministro è una controparte decisiva. «La maggioranza di noi svolge ruoli che hanno senso solo in rapporto con il pubblico – dice Marta, fisica, entrata in Sogesid nel 2015 – Questa società fuori dal ministero non riuscirà a impiegare 500 persone». Così una cinquantina di lavoratori si rivolgono alle Clap, chiedendo l’indizione di un nuovo sciopero di tutto il personale «per non rimanere immobili mentre si decide del nostro futuro».

Domani in piazza ci sarà anche la combattiva organizzazione sindacale, che denuncia: «mentre si annunciano piani di assunzione strutturali, nulla si fa per valorizzare lavoratrici e lavoratori che da anni, in regime di esternalizzazione o con contratti precari, garantiscono il funzionamento di settori pubblici strategici». I lavoratori e le Clap vogliono incontrare il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi di Maio per strappare garanzie sul futuro occupazionale.