“Ad Adriano Sofri era stato chiesto di prendere parte a una discussione a cui parteciperanno oltre 200 persone, portando il contributo dell’esperienza di una persona che ha scontato tutta la propria pena”. Il ministro Andrea Orlando ragiona come se l’Italia fosse un paese normale. Non lo è. E’ bastato che filtrasse la notizia di una “consulenza” – che consulenza non è – all’ex esponente di Lotta Continua, nelle pieghe degli Stati generali dell’esecuzione penale, per dare il via alla consueta canea.

Prima alcuni sindacati di polizia penitenziaria come il Sappe. A ruota fascioleghisti e berluscones. Infine, con maggior garbo, la stessa famiglia Calabresi. La moglie e il figlio del dirigente di polizia Luigi Calabresi per la cui morte, nel 1972, Sofri fu definitivamente condannato nel 1997 a 22 anni di reclusione. Dopo ben sette processi, una scia interminabile di discussioni, e più di uno strappo alla giurisprudenza in materia di riscontri alle dichiarazioni di un correo.

Sofri ha subito rinunciato. Lo ha scritto sul sito del Foglio, uno dei quotidiani con cui collabora: “Si è sollevato un piccolo chiasso attorno alla mia ‘nomina’ da parte del ministro della giustizia come ‘esperto’ di carcere’. Il mio contributo si era limitato a una conversazione telefonica con un autorevole giurista, e all’adesione a una eventuale riunione futura. Alla quale invece non andrò, scusandomene coi promotori, perché ne ho abbastanza delle fesserie in genere e delle fesserie promozionali in particolare”.

La riunione di cui fa cenno Sofri, precisa il ministero di via Arenula, sarà “una innovativa procedura di consultazione pubblica – da sviluppare essenzialmente attraverso il dibattito telematico – sui temi collegati alla pena e alla sua percezione sociale”. Ancor più diretto Glauco Giostra, coordinatore del Comitato scientifico degli Stati generali dell’esecuzione penale: “In nessun modo può la partecipazione a quella procedura considerarsi un incarico di consulenza, trattandosi della promozione di un dibattito pubblico intorno ai temi del carcere”.

Per certo su quei temi Adriano Sofri può raccontare molte cose. Dopo essere stato arrestato nel 1988 a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Leonardo Marino, anche lui ex di Lotta Continua che si autoaccusò di esser stato l’autista del presunto killer Ovidio Bompressi, Sofri è stato condannato come mandante insieme a Sergio Pietrostefani dell’omicidio Calabresi, e ha trascorso svariati anni in carcere (a Bergamo e a Pisa) e poi in semilibertà. La sua scarcerazione definitiva porta la data del gennaio 2012, per decorrenza della pena. E il suo potenziale contributo alla discussione negli Stati generali dell’esecuzione penale, che il decreto del Guardasigilli Orlando di quattro giorni fa delineava “per quanto concerne i settori istruzione, cultura e sport”, sarebbe avvenuto per via telematica. Senza nemmeno bisogno di un rimborso spese.

“L’iniziativa ha l’obiettivo di raccogliere le idee e le proposte di avvocati, magistrati, docenti universitari, operatori penitenziari e sanitari, assistenti sociali, volontari, garanti delle persone detenute, rappresentati della cultura e dell’associazionismo – puntualizza il capo di gabinetto del ministero, Giovanni Melillo – nella prospettiva di un cambiamento profondo del sistema di esecuzione della pena”.

Un sistema da riformare, viste anche le ripetute condanne inflitte all’Italia dalla Corte di giustizia europea.

Prima che Sofri gettasse la spugna, si erano levate voci anche in sua difesa: “Sono polemiche inaccettabili – aveva sottilineato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – Sofri è una personalità indiscussa della cultura italiana ed europea. Il suo contributo, anche alla luce dell’esperienza sofferta, sarà un arricchimento anche per il personale penitenziario. E’ a lui che dobbiamo la prima traduzione italiana del rapporto ispettivo del Comitato europeo per la prevenzione della tortura nel 1992”.

Tutto inutile. Soprattutto dopo il tweet di Mario Calabresi, attuale direttore de “La Stampa”: “Sentire pareri diversi è sempre giusto, ma non comprendo la scelta di far sedere Sofri al tavolo della riforma”.