A quarantasei anni, figlia d’arte, evidentemente. Fresca di Palma d’oro per la regia al settantesimo festival di Cannes, solo la seconda regista ad avere avuto questo onore (dopo la russa Yuliya Solntseva nel 1961). La Palma è per Beguiled, remake dell’omonimo film di Don Siegel con Clint Eastwood che sarà nelle sale il 14 settembre.

Come ha  saputo del premio a Cannes per «Beguiled»?

Quando ho lasciato il festival ancora non si sapeva nulla. Si spera sempre che nelle ultime considerazioni possa rientrare il tuo film ma non volevo illudermi. Sono tornata a casa e la mattina dopo per telefono mi anno detto che avremmo preso un premio, ma non sapevamo quale, ad ogni modo sarebbe stato il giorno stesso e non c’era tempo per tornare. Avevamo avuto in programma di andare a Coney Island con le bambine ed eravamo al parco giochi quando il direttore mi ha comunicato che avevamo vinto migliore regia. È stato emozionante, le mie figlie erano molto eccitate.

Con Cannes ha un lungo rapporto ….?

Ero al festival quando ho compiuto otto anni, eravamo li quando mio padre portò Apocalypse Now e ricordo bene l’entusiasmo. Per noi ragazzi significò essere ammessi nel mondo adulto dei nostri genitori: la Croisette far tardi la sera, i registi di tutto il mondo…molto eccitante. Quindi , ho sempre avuto un forte legame affettivo con quel festival, specie dopo essere stata bene accolta col mio primo film – Le vergini suicide. Ho sempre considerato che Cannes abbia lanciato la mia carriera.

È solo la seconda volta che quel premio va ad una donna (dopo Jane Campion ndr). Ora un paio di mesi dopo, a Hollywood non si parla che del successo di «Wonder Woman», un film su una supereroina diretto da una donna…

Sono felice del successo diWonder Woman proprio perché rompe l’antico pregiudizio che riteneva impossibile avere successo con una supereroe donna. Personalmente non sono sorpresa ma è una bella notizia. Io sono interessata a storie di donne perché è la mia esperienza e ciò che mi è piaciuto di questa storia è il gruppo di donne dai 12 ai 40 anni, lavorare con attrici di tutte quelle età e la trama di come reagiscono all’intruso – con desiderio e repressione molto umani. In generale, trovo importante che il cinema rifletta ogni punto di vista.

Sua madre quest’anno ha realizzato il suo primo lungometraggio drammatico all’età di ottant’anni. Cosa le ha trasmesso?

Quando crescevamo lei era sempre molto interessata all’arte contemporanea, ci portava spesso al museo a vedere mostre e ci ha sempre incoraggiati ad esprimerci creativamente. Ora che ho figlie mie mi trovo a cercare di emularla e trasmettere, a mia volta, i valori che lei riteneva fondamentali: l’importanza di potersi esprimere come persona, donna e artista. Credopoi di aver ereditato da lei un temperamento equilibrato, è sempre stata calma anche nella tempesta e questo mi aiuta sul set.

Sua madre, tra l’altro, è autrice del bel documentario sulle riprese di «Apocalypse, Hearts of Darkness»: ha influito quel film sulla sua formazione come regista?

All’epoca io ero piccola e non so quanto mi rendessi conto dei drammi vissuti dai miei genitori su quel set. Ero soprattutto eccitata di essere nelle Filippine. Credo comunque anche inconsapevolmente di avere assorbito molto dalla volontà di mio padre di andare sempre avanti, di non arrendersi e di lottare sempre per il film che voleva realizzare. E fare un film comporta sempre in parte questa lotta. Per questo sono contenta di Beguiled, di avere avuto il cast che volevo e di essere riuscita in fondo a fare il film che volevo. È una cosa che ho imparato da mio padre.

Lei è cresciuta in California ma ha vissuto anche Parigi. Crede di aver subito l’influeuza della cultura europea nel suo lavoro?

È vero amo la cultura europea ma sono cresciuta nella California settentrionale e credo che rimanga una grossa parte di me. Poi mio padre metteva sempre molta enfasi sulla componente italiana della nostra famiglia ed abbiamo passato parecchio tempo in Francia. Ho avuto la fortuna di attingere dall’Europa, ma rimango soprattutto una ragazza californiana. Forse entrambe le cose…

Quali sono le sue abitudini di lavoro?

Non sono una persona mattiniera. Una volta scrivevo tutta la notte, ora con le bambine sono stata costretta a diventare diurna, non è pensabile fare le nottate con due figlie. E quando si gira naturalmente ci si alza presto. Mi rimane comunque sempre un po’ di nostalgia per quelle nottate, di notte sei tagliata fuori dal mondo, è un’altra atmosfera, credo ideale per scrivere.

A proposito scrive su carta?

Le lettere sì, amo ancora la carta. I miei appunti li prendo su carta, mi piace la cancelleria e le belle penne, la mi agenda è di carta. Ricordo le cose da come sono disposte su un foglio. Con l’iPhone non funziona – con l’email ho un rapporto di amore-odio…

Si dedica anche alla fotografia, vero?

Da bambina disegnavo molto, poi ho avuto soggezione che i miei disegni non fossero belli come li avrei voluti ed ho cominciato ad interessarmi alla fotografia. Mi sono sempre piaciute le foto di moda ed i ritratti e fotografie d’arte. Ho studiato al Pasadena Art Center e quello che ho imparato sulla fotografia mi ha aiutata molto da regista a pensare a costruire uno stato d’animo con l’inquadratura, a creare un’atmosfera con le immagini.

Suo padre ora è anche un celebre viticoltore. Lei è una intenditrice?

Un po’ sì. Ho avuto la fortuna di crescere nella Napa Valley, amo il vino ed è bello che la mia famiglia sia in questo settore – apprezzo soprattutto i rossi. Ora abito a New York ed ho la fortuna di vivere in una città cosmopolita e piena di influenze culturali ed alimentari. Da italo americana ovviamente adoro il cibo italiano, ma sono anche californiana e ho una passione anche per la cucina messicana.

L’America e il mondo stanno cambiando, che impatto hanno avuto su di lei le recenti vicende politiche?

Credo che mi abbiano fatto sentire solidale con molte altre persone, Perché tutti ne abbiamo subito l’impatto. Le elezioni si sono svolte mentre giravamo ed eravamo tutti sotto shock. È un momento difficile, ma credo che tutto ciò possa motivare la nascita di una nuova solidarietà e aiutare a focalizzare meglio il futuro, spingendoci verso un nuovo attivismo. E forse anche qui il cinema ci può venirci incontro, esprimendo realtà diverse così da aiutarci a comprendere le esperienze di chi è diverso da noi.