Mettere d’accordo i partiti di sinistra in Portogallo non è cosa facile e dopotutto, a onor del vero, non è che nel resto dell’Europa gli esempi siano molto confortanti in questo senso. Ultimo ma non ultimo è il caso tedesco dove, nonostante al Bundestag Spd, Verdi e Die Linke siano maggioritari, si è preferita una alleanza tra socialisti e cristiano-democratici. Questo è il presupposto che occorre tener presente per capire l’eccezionalità del momento e le sue possibili ripercussioni a livello continentale.

Antonio Costa, segretario generale del Partido Socialista (Ps), Jeronimo de Sousa, Partido Comunista Português (Pcp) e Catarina Martins, portavoce del Bloco de Esquerda (Be), stanno facendo molto per fare in modo di trovare un’intesa capace di mettere fuori gioco la Coligação di centro-destra. Tappa dopo tappa l’impensabile sembra poter diventare realtà e ieri, dopo l’incontro tra le delegazioni socialiste e blocchiste, la Martins, forse con un eccesso di ottimismo, ha sancito la fine del governo Passos Coelho/Portas.

Che questo voglia significare che un accordo sia stato raggiunto è presto per dirlo. Gli elementi che dividono sono effettivamente moltissimi, tuttavia se l’orizzonte è quello di darsi un programma minimo comune – rilanciare salari, occupazione e pensioni – forse le distanze possono anche essere colmate. Al momento le resistenze più forti sembrerebbero arrivare da casa socialista, divisi al loro interno tra un’ala favorevole ad un esecutivo frentista ed un’altra contraria. Un modo per ovviare le contestazioni, rivela il Diario de Noticias, potrebbe essere quello di consultare i militanti.

In caso di vittoria del sì Costa otterrebbe una doppia legittimazione: una conferma della sua leadership, messa in discussione dopo la sconfitta del 4 ottobre scorso, e della sua linea politica. In Europa potrebbe nascere un secondo governo pragmaticamente anti-austeritario, un po’ sulla stessa linea di Syriza. Insomma, grazie al piccolo paese lusitano, il clima potrebbe davvero cambiare, soprattutto se si tiene conto che la Germania si troverebbe un po’ più isolata di prima. Vale la pena infatti ricordare che, secondo quanto raccontato da Yanis Varoufakis, l’esecutivo portoghese è stato, insieme a quello spagnolo, il più determinato a non fare concessioni nei confronti di Atene.

E poi, questione non secondaria, il 20 dicembre prossimo sarà tempo di elezioni anche nel lato orientale della penisola, chissà quale potrebbe essere l’impatto a Madrid di quanto sta succedendo ora a Lisbona? Nulla è ancora scritto, anche se a sinistra l’entusiasmo e le aspettative sono molto alte. Un po’ di prudenza ci sembra comunque d’obbligo, sappiamo bene in Italia quante sia difficile oltrepassare le conventio ad excludendum.