Persone, luoghi, culture, eccellenza: tutto questo si cela dietro le tradizioni agroalimentari che caratterizzano un paese e che nel nostro sono eccezionalmente diffuse e variegate. La loro sopravvivenza, in un mondo sempre più globalizzato e mercificato, è a rischio e necessita un forte investimento di risorse: personali ed economiche. A farlo sono in primis quelle persone che sono rimaste legate alla terra mantenendo una tradizione tramandata dalla famiglia, oppure che alla terra sono ritornate, riprendendo una cultura: hanno così consentito a piatti particolarissimi e prodotti unici di nutrire non solo la pancia ma anche l’anima, con il loro corredo di memoria, cura, studio.

L’ELENCO DI QUESTI TESORI è lunghissimo e mai conosciuto del tutto. Nella Vale del Mercure, in Basilicata, da tre generazioni la famiglia De Flipo oltre a tramandare il bagaglio di conoscenze nell’allevamento di pecore, capre e vacche da pascolo, coltiva due ortaggi tipici, la melanzana rossa e il fagiolo bianco, entrambi Dop, che consentono di preparare la Rapasciona di Viggianello, una zuppa vegana tipica della tradizione contadina. In Calabria, a Monasterace, con il progetto Bergamore, 1000 alberi del pregiato bergamotto dagli utilizzi medico scientifici, crescono nelle perfette condizioni climatiche e microbiologiche sfruttate dal suo coltivatore Mario, che ha aggiunto alla tradizione di famiglia approfondite conoscenze scientifiche.

A CASTELLAMMARE DI STABIA, Carmela è l’ultima custode del fagiolo canario bianco e del carciofo di Castellammare, una variante con striature violacee del carciofo romanesco. Tra l’oltre Po pavese e l’appennino ligure, l’incantevole borgo antico di Menconico e una tartufaia sconosciuta invitano al recupero agrituristico di una zona spopolata. Antiche varietà piemontesi di mela, come la renetta grigia, la grigia torriana, le runzè e magnana sono coltivate alla cascina Danesa di Bibiana, che produce anche derivati e trasformati come succhi, sidri, aceti, mousse, che grazie ai metodi biologici conservano intatte le proprietà organolettiche del frutto.

NEL MONFERRATO, MARCELLO È TORNATO alla natura coltivando l’unica nocciola tonda trilobata Igp, ad alta conservabilità e pelabilità. In Umbria, Letizia da quando ha 18 anni conduce l’azienda familiare fondata nel 1950, la Tiezzi, conservando fra le altre cose la fagiolina del Trasimeno, prodotto unico dalla forma inconfondibile. Mentre è antica quanto il borgo medioevale di Navelli, in provincia dell’Aquila, la coltivazione dello zafferano portata avanti dalla Cooperativa Altopiano di Navelli; sempre in Umbria, nella Valle del Tevere, Marco cura il pregiato tartufo dell’Amerina.

NELL’AREA DEL BIELLESE L’ANTICO vitigno Erbaluce, chiamato così per il colore e la lucentezza degli acini, si arrampica su una struttura tipica a pergola fornendo spumanti e vini dolci, mentre il melograno cresce abbondante nei terreni argillosi, accarezzati tutto l’anno dal sole e dalla brezza del Mar Jonio in Salento. A Giarratana, in Sicilia, invece l’oro è bianco ed ha la forma di una cipolla unica per il suo sapore delicato che la rende molto duttile; poco lontano, a Niscemi, Marco coltiva più di un cereale antico autoctono. La stessa cosa la fanno Chiara di Cascina Vallona in Emilia Romagna e l’azienda agricola Rossetti a Gradara.

LE API SONO AIUTATE A SOPRAVVIVERE lontane dai pesticidi e a svolgere la loro essenziale funzione di impollinatrici sulle orobie bergamasche, nel Mugello e sulle colline metallifere del Vicentino, mentre olio pregiato e naturale è ancora prodotto in Ciociaria e Molise.

QUESTI SONO SOLO ALCUNI ESEMPI del vasto panorama di agricoltori, apicoltori, viticoltori, gestori, che dediti alla coltivazione con metodi biologici e in equilibrio con l’ambiente e la tradizione, fanno spesso fatica a sopravvivere nel grande mercato. Per sostenerli è importante comprare i loro prodotti, visitare le loro aziende, alloggiare nelle strutture da loro gestite. Ma ora è anche possibile «adottarli». Dal 2018 è attiva infatti «Coltivatori di emozioni» , la prima piattaforma italiana di social farming che ha creato una rete di agricoltori e sostenitori delle tradizioni contadine, che possono essere adottati a distanza: un gesto di solidarietà utile non solo a far lavorare una piccola realtà agricola, ma anche a salvaguardare i territori rurali a rischio abbandono, revitalizzare i piccoli borghi storici, sostenere i metodi biologici.

LA RETE DIGITALE È STATA FONDATA dall’economista pugliese Paolo Galloso, le cui preoccupazioni per l’abbandono dei territori e le sue conseguenze sono fondate su dati precisi: «Siamo il primo paese al mondo dove sono stati riconosciuti 55 siti patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Sul nostro territorio coesiste la più grande biodiversità agroalimentare della terra, con oltre 5.000 prodotti alimentari tradizionali censiti: 299 specialità Dop e Igp riconosciuti a livello comunitario e più di 400 vini Doc. Queste unicità della terra sono attualmente coltivate da poche aziende agricole che ne custodiscono la memoria, di cui una su 4 è a rischio scomparsa”.

«COLTIVATORI DI EMOZIONI» raccoglie al momento circa 40 realtà diffuse in 15 regioni. Accedendo al sito https://coltivatoridiemozioni.com/ si ha la possibilità di visualizzare tutti gli agricoltori e le tradizioni da sostenere a distanza, selezionando uno tra i 3 pacchetti di adozione presenti: acquistare dei prodotti vuol dire donare ore di lavoro necessarie al coltivatore per completare la sua lavorazione (1 ora di lavoro corrisponde a 10 euro). I prodotti tipici arriveranno direttamente a casa, insieme a costanti aggiornamenti sullo stato dell’azienda agricola e dei raccolti che si è contribuito a sostenere attivamente. Oltre al certificato di adozione, si riceverà anche un box regalo che contiene i prodotti provenienti dall’azienda agricola a cui si è deciso di dare il proprio sostegno.