«Non ci sono nuove scadenze» ha chiarito ieri il commissario europeo per l’Ambiente Karmenu Vella, al termine dell’incontro con i ministri di nove stati, incluso l’italiano Gian Luca Galletti: o i governi si mettono in regola con la qualità dell’aria o scatterà il deferimento alla Corte europea, anticamera delle sanzioni. «Se i paesi hanno nuove misure da mettere sul tavolo devono farlo entro lunedì – ha avvertito -. Non escludiamo di continuare il dialogo, ma quanto mettono sul tavolo deve permettere di raggiungere i target senza ritardi».

LA FINESTRA PER COMPLETARE i dossier resterà aperta al massimo dieci giorni, ha precisato il portavoce della commissione. Gli stati sotto osservazione sono Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Italia, Repubblica Ceca, Romania, Regno Unito, Slovacchia: tutti oltrepassano i limiti per le polveri sottili (Pm10) e per il biossido d’azoto (NO2). «Ci sono state proposte positive – ha concluso Vella – ma non abbastanza da cambiare la situazione».

Gli stati avrebbero dovuto rientrare nei limiti già nel 2005 per le Pm10 e nel 2010 per l’NO2. Nel 2008, poi, sono stati fissati gli standard di qualità dell’aria, ai paesi membri è stato anche imposto di limitare l’esposizione dei cittadini agli inquinanti. Sono in corso azioni legali contro 13 stati per la violazione dei limiti per il biossido d’azoto e contro 16 per le polveri sottili. In entrambi i casi è coinvolta l’Italia, che ha già ricevuto un parere ragionato per entrambe le procedure (il 15 febbraio e il 27 aprile 2017), atti propedeutici al deferimento. Secondo l’avvocato dell’associazione Client Earth, Ugo Taddei, «le città italiane sono le più inquinate del continente. Circolano ancora quasi 10 milioni di Euro 0, Euro 1 ed Euro 2, modelli diesel estremamente dannosi per la salute».

GALLETTI IERI ESIBIVA un cauto ottimismo: «Ho portato all’attenzione della commissione tutto il lavoro fatto, gli sforamenti dal 2000 a oggi si sono ridotti di più del 70%. Faccio fatica a dire cosa accadrà, per adesso l’Italia non ha nessun deferimento, dipenderà da come la commissione valuterà il materiale che abbiamo portato». Galletti ha poi elencato le misure già prese: limitazione delle emissioni in campo agricolo; la Strategia energetica nazionale con efficientamento energetico al 28%, energia rinnovabili al 28% e riduzione di Co2 al 33%; certificazione degli impianti biomasse. «Questi impegni sono nuovi – ha precisato il ministro – non è che ogni dieci giorni possiamo fare qualcosa». Nella lista anche l’accordo sul Bacino padano dello scorso giugno: per tutto il 2017, come certifica il dossier Mal’aria di Legambiente, è stata la zona con l’aria più inquinata d’Italia. Secondo le stime dell’agenzia europea dell’Ambiente, ogni anno l’inquinamento da Pm10 e NO2 provoca nel nostro paese circa 90mila morti (400mila nell’Ue), siamo lo stato membro più colpito in termini di mortalità connessa al biossido d’azoto. Galletti replica: «La contabilità dei morti non ce l’ho e preferirei non averla. Il problema riguarda 19 paesi su 28. Poi dipende anche dalle piogge, se fa caldo. E io su questo faccio fatica a intervenire».

GREENPEACE ieri era a Bruxelles: gli attivisti si sono dipinti sul petto i polmoni per chiedere provvedimenti contro lo smog. «Il ’per ora’ di Galletti rispetto al deferimento mostra il timore del governo – commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Trasporti di Greenpeace -. È difficile immaginare con quali credenziali l’Italia cercherà di scongiurare le sanzioni. In tema di mobilità facciamo il contrario rispetto agli altri paesi: invece di puntare sul trasporto elettrico, l’Italia ha un approccio neutrale che, nei fatti, spinge il Gpl cioè premia la strategia di Eni e Fca. Tra il 2013 e il 2015 sono stati stanziati 50 milioni per avviare la realizzazione di una rete di ricarica per i veicoli elettrici ma sono stati spesi solo 6mila euro. L’Italia è il paese dove crescono di più le vendite di vetture diesel, le più inquinanti, dove le merci si muovono soprattutto su gomma, dove non si investe sulla mobilità pubblica». L’azione di ieri fa parte di una campagna per sensibilizzare i sindaci europei: «Atene, Madrid, Stoccolma, crescono le città che impediscono la circolazione dei diesel nei centri urbani – conclude Boraschi -. I sindaci hanno uno strumento potente, la difesa della salute dei loro amministrati, per orientare il mercato. Possono persino scavalcare l’inerzia dei governi».