Insieme alla censura e agli «eccessi» della società cinese, quello dell’inquinamento è ormai un grande classico delle cronache che arrivano dal rutilante capitalismo cinese a partito unico.

Questa volta però sembrano essersi davvero preoccupati anche i governanti, dato che per la prima volta nella storia hanno deciso di lanciare l’allarme rosso, il più alto su una scala di quattro livelli, a causa dei pericolosi dati sullo smog della capitale ben oltre i livelli che solitamente sono considerati pericolosi per l’uomo e l’organismo. Si tratta di una risposta ovvia a molteplici fattori e ad una situazione generale che da giorni viene denunciata da cittadini e organizzazioni (come ad esempio Greenpeace). La scorsa settimana le autorità pechinesi avevano innalzato il livello di allerta alla categoria «arancione», a causa di un inquinamento che era stato considerato 40 volte oltre la soglia considerata «a rischio».

Quella che i pechinesi hanno ribattezzato «Airpocalypse». I dirigente del Partito comunista avevano invitato le famiglie a tenere i bambini e gli anziani in casa, chiedendo alla popolazione un uso moderato di auto e riscaldamento (tenendo conto che la Cina dipende per il 70% del suo fabbisogno energetico dal carbone). A queste decisioni erano seguite alcune polemiche, poiché gli alert del governo erano stati considerati troppo tenui e moderati. Ieri, una settimana dopo il livello arancione, è stato proclamato quello rosso, il massimo, il più rischioso. Si tratta della prima volta nella storia della capitale cinese, a significare un livello davvero ormai eccessivo. L’ufficialità dell’allerta massima è arrivata direttamente dalla Xinhua, l’agenzia di stampa del governo.

Secondo il comunicato, il provvedimento impone «la circolazione delle auto a targhe alterne, la chiusura delle scuole e il blocco dei cantieri all’aperto». Si prevede – inoltre – che i livelli di smog si manterranno oltre i livelli di guardia per i prossimi tre giorni. Poi dovrebbe arrivare un po’ di vento in grado di allargare e poi spostare la nube tossica da Pechino. E c’è da crederci, perché le previsioni del tempo in Cina sono note per la loro precisione.

Nel corso del fine settimana – intanto – in alcune zone della capitale la visibilità sarebbe stata di appena 200 metri. L’aria è stata segnalata come sporca, puzzolente. Un artista ha avuto qualche giorno di celebrità perché ha girato la città aspirando l’aria e finendo per raccogliere le polveri, fino a formare un mattone di qualcosa che pare fango, sostanza solida. Qualcosa che finisce nella gola e nell’organismo di cittadini alla prese quotidianamente con tosse, catarro, raffreddori, bronchiti e problemi respiratori.

A provocare l’innalzamento record dei livelli di smog contribuiscono diversi fattori: le emissioni degli impianti industriali alimentati dal carbone, gli impianti di riscaldamento e le polveri provenienti dai cantieri edili, combinati all’assenza di vento e all’umidità, due caratteristiche costanti del clima freddo e invernale della capitale. Come riportato dal South China Morning Post di Hong Kong, durante la scorsa settimana, «l’inquinamento è stato in aumento nella capitale, con concentrazioni di Pm2,5 che contaminano le zone del centro aumentando di quasi sette volte a 198 microgrammi per metro cubo.

Dal week end 23 città della regione di Pechino-Tianjin-Hebei hanno avuto letture di inquinamento dell’aria pessime, gravemente inquinanti e pericolose. Le rivelazioni al di sopra del livello di 101 sono ritenute insalubri dalla Us Environmental Protection Agency». Nel frattempo in Cina si discute di clima, con un occhio a quanto accaduto a Parigi, benché le condizioni dell’inquinamento nazionale non lascino presagire grande ottimismo per il futuro. Il massimo negoziatore della Cina per il cambiamento climatico Xie Zhenhua ha detto che «diversi importanti ostacoli sono rimasti nel raggiungimento di un nuovo accordo globale per affrontare il cambiamento climatico dopo il 2020». L’umore generale – ha specificato ai giornalisti cinesi – «non era molto ottimista».