«Le primarie finte non sono inutili, ma possono essere dannose. Un flop di partecipazione può farci male, diventare un boomerang. Se nelle prossime ore non emergeranno altri nomi in grado di sfidare realmente Roberto Gualtieri, di aprire il campo con altri attori e altre sensibilità, allora saranno primarie che non servono. E al Pd dico: fermiano le macchine. Ragioniamo».

Massimiliano Smeriglio, europarlamentare indipendente eletto nelle liste dem, già vice di Zingaretti in Regione Lazio, capofila del movimento “Liberare Roma”, è molto preoccupato per come il centrosinistra sta preparando le comunali nella Capitale. «Voglio vincere queste elezioni, ma non si vince se ti chiudi nella sindrome del fortino, se fai prevalere logiche di apparato».

Voi eravate pronti a sostenere Monica Cirinnà, ma lei si è ritirata per non dividere il partito…

Mi dispiace molto per il ritiro di Cirinnà, sono certo che non abbia subito pressioni perché questo sarebbe stato inaccettabile. Al momento la situazione mi pare insostenibile: quattro candidati, tutti uomini. Così non si può fare, e non servono furbate, figurine rosa, serve mettere al centro della contesa la parità di genere e un punto di vista femminista. Cose che Monica garantiva e che avrebbe messo a disposizione di un processo di partecipazione popolare non scontato, capace di appassionare».

Crede che abbia subito pressioni?

Ha risposto con senso di responsabilità. Il Pd però rischia l’errore: così le primarie si indeboliscono.

Letta in questi mesi ha fatto di tutto per mettere le donne nei posti chiave. Su Roma ha fatto retromarcia?

Sui capogruppo ha fatto benissimo, ma è inusuale che un segretario blindi un candidato unico se ci sono le primarie. A Roma non era mai successo, nel 2013 corsero personalità come Sassoli, Gentiloni e Marino, a Bologna mezzo Pd sostiene una candidata di Italia Viva…

Il vostro gruppo potrebbe disertare i gazebo?

Primarie di soli uomini non si devono svolgere. È un problema che va risolto, ne va delle credibilità di tutti, Letta compreso. Se si decide insieme che Gualtieri è il candidato migliore, evitiamo di perdere due mesi con finte primarie e buttiamoci nella città, dove già si stanno muovendo Raggi e Calenda.

Questo pasticcio nasce dalla mancata candidatura di Zingaretti a sindaco. Cosa è successo davvero?

Non ho mai pensato che Raggi si ritirasse e chi lo ha fatto ha sbagliato. Certo, l’esito negativo è dipeso dagli equilibri interni del M5S e dal fatto che Conte ha incontrato difficoltà maggiori di quelle previste. Ma l’opzione Zingaretti non è stata gestita bene e chi, come Francesco Boccia, ora nega di aver lavorato alla sua candidatura sta evidentemente scherzando.

Zingaretti ha fatto capire che se si fosse candidato sarebbe saltata l’alleanza in regione. E i grillini questo hanno detto.

Credo che, se Nicola si fosse candidato sindaco, avremmo comunque avuto il tempo di rilanciare la coalizione con il M5S in regione. Ribadendo l’asse fondamentale della nuova coalizione progressista.

Gualtieri parte azzoppato?

No. È una persona autorevole, ha le qualità per fare il sindaco, ma così rischiamo di partire male. E se perdiamo a Roma il centrosinistra entra in una crisi senza fine. Temo i contraccolpi anche su una segreteria appena nata come quella di Letta. Nel Pd c’è spesso questo riflesso di costruire capri espiatori, bruciare segretari in roghi purificatori.

Dopo le dimissioni di Zingaretti, silenzio assoluto.

Mi ha colpito la totale assenza di discussione, dopo ogni botta si ricomincia a ragionare ossessivamente sugli assetti interni, senza una riflessione: già adesso si parla del dopo comunali, si affilano le armi. L’eterno ritorno dei mali irrisolti del Pd.

Le comunali rischiano di essere un replay delle regionali per i giallorossi. Poche alleanze.

Sono convinto dell’alleanza tra Pd, M5S e sinistra. Ma vedo la realtà: andremo divisi quasi ovunque, e in campagna elettorale i toni si alzeranno, Conte entrerà in campo. Parliamo tanto di coalizione e poi al dunque non riusciamo a stringere. Mentre la destra ha una competizione violenta e poi si ritrova unita alle urne. La coalizione non può essere una categoria dello spirito, o un vezzo di Goffredo Bettini che cuce in nome e per conto di tutti e poi viene lasciato solo. Come se fosse una linea di cui vergognarsi. Certo, sentendo alcuni dirigenti dem si respira un “renzismo di ritorno”…

Pensa di candidarsi a Roma?

Io sono già in prima linea, per me Roma è un pensiero costante che fa male al cuore, per come è gestita. Si può stare in campo in vari modi, non ho mai cercato visibilità inutili. Ma se il Pd non ci ascolta, se insiste con primarie finte valuteremo tutte le ipotesi.