Venerdì mattina, alla Regione Lazio, Nicola Zingaretti lo ha ringraziato ed ha spiegato che «in undici anni non ho memoria di una polemica politica pubblica della squadra della regione. È una forza incredibile e non è comune». Un riconoscimento, nonostante qualche frizione durante la campagna delle primarie del Pd. L’occasione erano le dimissioni di Massimiliano Smeriglio da suo vicepresidente. Cinquantatré anni, romano, proveniente dalla Roma rossa e antagonista, è stato due volte deputato (la seconda si è dimesso per la Pisana). Il sodalizio fra Zingaretti e lui dura dal 2008, l’anno della vittoria alla Provincia di Roma. Dopo, due successive elezioni alla Regione. Su richiesta dello stesso Zingaretti ora Smeriglio lascia l’incarico alla Regione (a Daniele Leodori, area ex Dc) e corre per le Europee.

Iniziamo da qui: non teme l’accusa di poltronismo?

Veramente la poltrona me la sono guadagnata un anno fa contribuendo alla vittoria in Regione. Casomai la poltrona l’ho lasciata per correre in piena autonomia e trasparenza. Immagino che chi muove l’accusa di poltronismo farà altrettanto in caso di candidatura.

La sua corsa è una scelta improvvisa. Dopo che Zingaretti l’aveva designata a occuparsi ancora di più della regione. Cos’è successo?

Le cose cambiano, anche repentinamente. Zingaretti mi ha chiesto la disponibilità a correre tenendo alta la bandiera del modello regionale e di Piazza grande (il movimento che lo ha sostenuto alle primarie, ndr). Dopo qualche incertezza ho accettato. Soprattutto perché voglio dare battaglia in prima persona contro l’onda nera che può travolgere l’Europa e la convivenza civile tra gli europei.

E ora alla Regione il ‘modello Lazio’ che fine farà?

Un modello è tale se è in grado di riprodursi facendo crescere una nuova classe dirigente. Il Lazio è in buone mani e la sinistra civica in ottime, quelle di Marta Bonafoni.

Lei è uno dei principali bersagli della polemica interna del Pd. Ai renziani non va giù. Perché?

Perché sono del toro. Scherzi a parte, non vedo polemiche, vedo una discussione appassionata dentro un unico grande campo. E vedo la necessità di mettersi tutti pancia a terra per portare a casa il migliore risultato possibile.

Secondo i retroscena Zingaretti le ha chiesto di candidarsi per liberarsi di lei.

I retroscena puzzano come i retro dei bagni pubblici. Con Nicola c’è un rapporto solido di condivisione politica. Le chiacchiere lasciano il tempo che trovano. Come quelle di un anno fa che mi volevano fuori dalla giunta.

Si candida ma non entra nel Pd. Che vuole fare?

Contribuire a far crescere il campo democratico e progressista con al centro il Pd di Zingaretti e magari una sinistra autonoma capace di vivere la responsabilità di cambiare le cose.

Questa sinistra autonoma come si organizzerà? Una lista civica nazionale?

Io penso al Pd come il Partito democratico americano, uno spazio plurale nel quale si confrontano opzioni diverse mantenendo l’unità del campo. In questo contesto di partito o di campo sarà importante sviluppare una cultura politica legata alla sinistra civica, ecologista, dei beni comuni.

Hanno ragione i renziani per i quali Zingaretti guarda solo a sinistra?

Hanno torto perché le liste dicono altro. C’è una grande pluralità, il valore più importante.

Fra voi e Art.1, la sinistra del campo è già affollata. Non rischiate di spartirvi lo stesso elettorato, fin qui non larghissimo?

Guardi qui c’è solo da rimboccarsi le maniche e lavorare per riguadagnare consensi e credibilità. Questo solo conta.

Lei viene dalla sinistra radicale ma oggi ha virato sul civismo. Perché ?

È dal 2001 che parlo di municipalismo, passando per Porto Alegre e per la Selva Lacandona. Non è proprio una novità, dunque. Credo alla potenza delle comunità locali e alla coscienza di luogo. Il ruolo delle città nei prossimi anni sarà decisivo per ridisegnare politiche e resistenze.

Parla di politica interna, ma lei si candida alle europee. E se, da eletto, dovrà votare una larga intesa fra socialisti e popolari?

Intanto proviamo ad arrivare, poi vedremo. Ho sempre detto che il nostro avversario più pericoloso rimane la destra estrema, sovranista e nazionalista. Mi candido per questo. Il resto lo discuteremo al momento opportuno negli organismi che contano. La discussione e la disciplina nei gruppi parlamentari sono sempre un ottimo modo per decidere su questioni importanti.

E se non verrà eletto?

Torno a fare altro. Scrivere, insegnare, studiare. Faccio politica dall’età di 15 anni e fino a 40 ho vissuto del mio lavoro. E continuerò a fare politica, nella mia città, Roma, insieme con i miei compagni e le mie compagne.