O faccio «un  centrosinistra vincente  o mi arrendo», annuncia l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia alla vigilia del lancio del suo Campo progressista, domani mattina a Roma al Teatro Brancaccio. Dove accoglierà i fuoriuscitidi Sinistra italiana di Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio e braccio destro di Nicola Zingaretti, altro fan della coalizione.

Per Pisapia dopo le scissioni c’è il ritorno all’unità. Vi siete scissi per poi riunirvi? Con il Pd o con le sinistre che avete appena lasciato?

Con chi sarà d’accordo con una nuova agenda sociale. C’è bisogno di discontinuità. Bisogna ridare senso alla parola sinistra. Parto dalla mia esperienza amministrativa, nel Lazio. Il bando per medici non obiettori è una cosa di sinistra che si può fare, e che abbiamo fatto. Abbiamo ampliato il diritto allo studio con il reddito per il cittadino in formazione. Vanno fatte cose di sinistra. Come abolire i voucher, cambiare la buona scuola e il jobs act. O il reddito minimo, di cui in Regione lanciamo una sperimentazione che anche il ministro De Vincenti definisce interessante.

Crede che il premier Gentiloni, così vicino a Renzi, farà qualcuno di questi provvedimenti?

Se mettessero in fila ius soli, testamento biologico e una discussione vera sul reddito minimo, io discuterei con chiunque.

Voi ex Sel eravate all’opposizione. Ora fate gruppo parlamentare con gli ex Pd. Ma la pensate diversamente: sul decreto Minniti, per esempio.

La maggioranza di governo ha gli stessi numeri di prima. Se il governo cambierà priorità i numeri potranno persino crescere. Se invece il futuro del governo dei flussi migratori sono i Cie invece siamo lontanissimi. Il gruppo è fondamentale per partire, ma serve un movimento territoriale capace di richiamare in servizio le migliori esperienze della sinistra che ha abbandonato il campo per stanchezza e delusione. Dobbiamo ripartire dai luoghi della sofferenza sociale. E da quelli dell’innovazione. Il riformismo radicale non è un pranzo di gala e neanche la mozione della nostalgia. In questo nuovo inizio ci sono i padri nobili , come Bersani D’Alema Errani, e sul territorio un gruppo dirigente pronto ad assumersi responsabilità.

In parlamento se non fosse per Forza italia, finireste per mandare a casa il ministro Lotti?

È un passaggio difficile, rispetto le decisioni che il nostro gruppo prenderà. Ma i processi devono svolgersi nei tribunali. Per me un indagato è sempre un presunto innocente. Anche quando si chiama Luca Lotti.

Come sceglierete il vostro leader?

ùCon processi aperti, democratici, che non hanno paura della partecipazione. Primarie delle idee e delle persone. Comunque una cosa è già certa: le nostre non saranno leadership urlate, ma solide, sobrie, coerenti. Pisapia incarna al meglio questo progetto. La sua Milano è stata quella dell’innovazione, della creatività e della solidarietà. Dopo le macerie a cui ci condurrà una legge elettorale pensata per forze politiche autoreferenziale e che produrrà instabilità, servirà gente capace di ricostruire il Paese. Di questo parleremo domani al Teatro Brancaccio di Roma con Nicola Zingaretti e tanti ricercatori, ambientalisti, attivisti sociali.

A Pisapia guardano anche personalità del Pd come Manconi e Mucchetti, schierate con Orlando. Ma a chi guarda Pisapia? A Renzi?

Ha chiarito di non essere la stampella di Renzi. Lo ha definito «divisivo». Penso che come noi Pisapia guardi al Paese, a ridare speranza e non rancore a chi sta peggio. Dopo gli anni del rigore serio, sono arrivati gli anni del rigore happy days. Ma le politiche e la vita delle persone sono rimaste al palo. Bisogna cambiare l’orchestra, i blocchi sociali e generazionali di riferimento.

Se non vi alleerete con il Pd lo farete con Sinistra italiana?

È stato doloroso essere stati messi fuori da compagni con cui ho militato vent’anni. In ogni caso le modalità congressuali erano quelle dello spettacolo legittimante, inconciliabili con una discussione vera. Hanno scelto la separatezza e una vaga allusione all’autonomia del sociale. Con freddezza hanno deciso di fare a meno di personalità, intelligenze, esperienze territoriali. Buona fortuna.

Perché separatezza? Si sono uniti con Possibile, di Civati. E Vendola ha incontrato D’Alema.

Se Vendola parla con D’Alema fa bene. Per lui nutro affetto e riconoscenza, anche se mi sarei aspettato un atteggiamento da padre nobile. Vederlo indifferente agli abbandoni mi ha fatto male. Ma va bene che voglia aprire un dialogo con noi e D’Alema. Anche se poi dovrebbe contenere la richiesta di autocritica: ognuno pensi alla propria. Chi come noi viene da una lunga stagione politica deve essere prudente nel reinventarsi in panni radicali o nel buttarsi in furori simil 5 stelle.