È stato uno dei bersagli dei renziani, oggi è al suo terzo giorno da eurodeputato, eletto da indipendente nella lista «aperta» del Pd. Per Massimiliano Smeriglio, ala sinistra delle coalizioni di Zingaretti a Roma per più di dieci anni, le europee sono andate bene. Corsa decisa all’ultimo minuto: dimissioni dalla vicepresidenza del Lazio – una scelta, non un obbligo di legge – più di 70mila voti.

Nel Pd non è ancora tempo di parlare laicamente dello sfascio in corso nel M5S. Davvero non sono vostri possibili alleati nella prossima legislatura?
Nessuna alleanza. Rispetto ai 5 stelle andrebbero però fatte tre riflessioni. Primo: riprendere il dialogo con il popolo di sinistra che li ha votati per rabbia o disperazione. Ora il Pd di Zingaretti ha riconquistato la credibilità per tentare questo recupero su un blocco sociale e culturale che è appassionato di beni comuni, acqua pubblica, partecipazione e legalità e che ci aveva voltato le spalle. Secondo: tenere altissima la polemica con i vertici che tengono in piedi il governo Salvini, che peraltro li sta cannibalizzando. Sono i maggiori responsabili dello sfascio del paese e del clima di odio che attraversa la nostra società perché per paura di perdere la poltrona alimentano lo spirito illiberale che caratterizza il governo.

Davvero nessuna alleanza?
Terzo: bisogna avere il coraggio della politica che investe sulla processualità. Noi, per il bene del Paese, vogliamo andare al voto presto, sul serio: e allora puntiamo a spaccare la coalizione di governo. D’altronde se il tema è la tenuta democratica e sociale abbiamo l’obbligo di tentare ogni strada capace di spaccare il blocco nazionalpopulista e dare una scossa alla scena politica.

Lei però è stato eletto europarlamentare.
Le due cose vanno insieme. La credibilità del nuovo Pd passa anche da Bruxelles. Serve una nuova Europa capace di mettere a tema la questione sociale, le nuove e vecchie povertà, la centralità del Mediterraneo e dello sguardo verso sud. Il sud e il Mediterraneo sono grandi opportunità economiche e di senso del nostro essere europei. L’Africa è la nostra occasione di ripensare gli assetti mondiali. E il Mediterraneo non può essere il cimitero della nostra cattiva coscienza. Dobbiamo essere capaci di costruire alleanze con Portogallo Spagna e Grecia. Spostare l’asse europeo verso la parte meridionale. Abbiamo fermato i nazionalisti e i razzisti. Per un soffio. Ora cambiamo tutto, avanti con un nuovo patto sociale fondato su welfare, indennità di disoccupazione, salario minimo e tutela delle nostre manifatture. Diamo risposte alla pancia e al cuore dei popoli europei. Bisogna cambiare l’agenda subito.

I socialisti in realtà si avviano a una nuova ’larga coalizione’ con il Ppe.
Per la prima volta, visti i numeri di liberali e Verdi, nulla è scritto sugli assetti europei. Questo cambia almeno i rapporti di forza rispetto alla scorsa legislatura. Possiamo negoziare al meglio. Conta il programma. E la volontà di cambiare l’Europa.

Il voto anticipato si allontana. Ma se fosse, oggi il Pd non potrebbe aspirare al governo.
Il Pd non basta, è evidente, ma senza un Pd forte e autorevole non c’è possibilità di mettere in piedi l’alternativa di governo. Fa bene Zingaretti a tenere a mente il doppio obiettivo, rafforzare il partito e costruire la coalizione. Una coalizione capace di ricucire il campo progressista con lo sguardo al presente, senza nostalgie. Ecologisti, europeisti, liberali e sinistra civica dovrebbero essere le gambe essenziali.

Quale sinistra civica? Quella rimasta nell’astensione o quella organizzata in La sinistra?
Dispiace per l’esito disastroso, in questi momenti ci vuole rispetto per il loro travaglio: quella lista si darà un suo percorso, alla fine si vedrà. Ma io parlo della capacità di promuovere nuove alleanze sociali con i mondi che si battono contro la deriva autoritaria del governo. Il lavoro, i pensionati, le partite Iva, i movimenti per il clima, le femministe, la scuola pubblica, l’università, la ricerca. È un punto importante, non uno slogan: nella ricerca di queste alleanze sociali c’è la questione dell’anima da ritrovare della sinistra. Giustizia sociale e libertà individuali.

In questi giorni il Pd discute, in maniera non aperta, della “questione moderata”. Sarà Calenda a fare un’aggregazione di centro, come lui stesso ha detto, salvo smentirsi? O Renzi?
Calenda è una personalità importante del Pd, ha fatto il capolista alle europee e anche il ministro. E chi si è presentato con il Pse ha un programma importante da rispettare fondato appunto su un nuovo patto sociale e il superamento delle politiche di austerità. Francamente non so se esistono ancora i moderati in Italia. Mi sembra una categoria dello spirito, e di nicchia. Può esistere invece la necessità che mondi liberali e di tenuta repubblicana si organizzino intorno al Pd. Spero avvenga, arricchirebbe senz’altro la coalizione. Ma non sono un esperto del settore. È già difficile presidiare il lato sinistro del campo democratico.