Da quando è stato ufficializzato il porto di Gioia Tauro come scalo dove effettuare il transhipment dell’arsenale siriano sono passati 40 giorni. L’operazione assume sempre più i contorni di una saga. Un impasto di omissis, reticenze, approssimazione e, soprattutto, ritardi. La Siria ha proposto una nuova scadenza per la consegna definitiva delle armi, già a rilento di diverse settimane rispetto al piano Onu-Opac deciso lo scorso novembre. I container che avrebbero dovuto trasportare le armi chimiche non avrebbero i parametri di sicurezza previsti a livello internazionale. In Siria si stanno quindi costruendo i contanier adatti, in modo da garantire la sicurezza del trasporto, con la supervisione di esperti internazionali. Una soluzione, questa, che sarebbe la causa di un oggettivo ritardo e farebbe slittare le operazioni di trasbordo.

Intanto tre giorni fa Damasco ha consegnato il quarto carico dall’inizio del piano. Il più pericoloso. quello che fa rabbrividire portuali, cittadinanza e ambientalisti. Si tratta di circa 20 tonnellate di gas mostarda, meglio noto come iprite, l’intero quantitativo di questo tipo di agente chimico dell’arsenale siriano. Una quantità limitata rispetto alle circa 900 tonnellate di materiale di cui Damasco si deve disfare, ma – sottolineano all’Opac – «è il più pericoloso perché utilizzabile da solo». Di color bruno-giallognolo, dal caratteristico odore di aglio o senape, abbastanza stabile all’aria, con elevato punto di ebollizione e bassa tensione di vapore al pari del punto di fusione. Si tratta perciò di una sostanza assai persistente. L’iprite è un vescicante d’estrema potenza, possedendo la spiccata tendenza a legarsi a molte e diverse molecole organiche costituenti l’organismo.

Il gas è stato imbarcato sul cargo danese Ark Futura per poi essere distrutto a bordo della nave Usa Cape Ray che lo prenderà in consegna nello scalo calabrese. Chissà quando.