Primi tre reintegri per i licenziati di Sky Italia della sede di Roma, chiusa in gran parte dall’azienda con lo spostamento a Milano di Sky Tg24, lasciando solo una redazione politico-parlamentare. La giudice Giovanna Palmieri del tribunale del lavoro di Roma ha accolto il ricorso di tre tecnici licenziati con procedura di licenziamento collettivo – originariamente per 124 esuberi – che non avevano accettato il «mutamento consensuale» di sede imposto dall’azienda.
L’ordinanza apre la strada all’accoglimento per tutti gli altri licenziati e mette in difficoltà Sky Italia.
I licenziamenti sono stati dichiarati illegittimi a causa dei criteri utilizzati per individuare il personale in esubero. La legge 223 del 1991 in caso di procedura di licenziamento collettivo prevede tre criteri: carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive. Ebbene, su quello di esigenze tecnico-produttive, Sky ha «privilegiato i lavoratori addetti alla sede di Milano perché non ha attribuito alcun punteggio ai lavoratori addetti alla sede di Roma». «Ciascun dipendente milanese è come se avesse 7 figli a carico in più o 28 anni di anzianità aziendale, un doping incolmabile», spiega l’avvocato Pier Luigi Panici che segue i licenziati.
L’azienda è stata condannata al pagamento delle retribuzioni perse dal momento del licenziamento e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e alle spese di lite.
Presto arriveranno nuovi giudizi su altri ricorsi di licenziati.
Il caso è molto simile a quello di Almaviva, la multinazionale dei call center che a dicembre 2016 licenziò 1.666 lavoratori chiudendo la sede di Roma. In quel caso i 153 lavoratori reintegrati sono stati trasferiti di imperio dall’azienda a Catania. Lo stesso potrebbe succedere per i reintegrati Sky a Milano. Ma anche in questo caso i ricorsi contro il trasferimento sarebbero assai fondati.