È il tema sul quale le differenze fra M5s e Lega sono già esplose e sono più forti. Da una parte l’impegno del ministro Di Maio in tandem con Tito Boeri a tagliare le pensioni d’oro – o «privilegiate», come le definisce il presidente dell’Inps – dall’altra il profluvio di dichiarazioni di Alberto Brambilla, uomo senza alcun incarico ma estensore del capitolo «pensioni» del contratto di governo – Quota 100, Quota 41 e mezzo – considerato l’uomo di Salvini e in pole per sostituire lo stesso Boeri, la cui ultima sparata riguarda un «contributo di solidarietà su tutti i pensionati per alimentare un fondo per i «lavoratori deboli» e uno per la non autosufficienza.
Davanti a questa confusa diarchia la Cgil ha chiamato a discutere parlamentari di tutte le forze, rilanciando e aggiornando la «piattaforma unitaria con Cisl e Uil» del 2014. Il convegno dal titolo «Pensioni, adesso risposte concrete» ha dovuto subire il forfait della presidente della commissione Lavoro del Senato Nunzia Catalfo ma è stata l’occasione per una discussione approfondita introdotta dal segretario confederale Roberto Ghiselli che ha ripercorso le tappe della trattativa coi passati governi, contestando la visione di Boeri («solo in Italia l’imposizione fiscale sulle pensioni è ordinaria e non ridotta e il Tfr, che è salario differito, è considerata prestazione previdenziale») rilanciando «la flessibilità in uscita».
Dopo di lui è toccato al segretario generale dei pensionati dello Spi Ivan Pedretti attaccare frontalmente l’ipotesi Brambilla: «Usare un contributo di solidarietà sulle pensioni per finanziare la non autosufficienza? Ma stiamo scherzando? Il fondo per la non autosufficienza deve essere finanziato dalla fiscalità generale» per poi chiedere «di aprire un confronto serio con il nuovo governo»: «se si vuole fare bene, altrimenti noi siamo pronti a mobilitarci come abbiamo fatto nel 2016», avverte Pedretti, paragonando la scure sugli assegni alti a un «cavallo di Troia che spalancherebbe le porte al ricalcolo con il contributivo di tutte le pensioni».
Sulla stessa posizione anche l’ex presidente della commissione lavoro alla camera Cesare Damiano (Pd): «Il ricalcolo col contributivo è veleno puro. Si comincia propagandisticamente con i vitalizi e le cosiddette pensioni d’oro, ma il vero obiettivo è colpire chi è andato in pensione col sistema retributivo: si parte dall’alto e si arriva agli operai. L’unica strada già collaudata è quella di un contributo di solidarietà triennale per le pensioni nette sopra ai 5 mila euro, come fece il governo Letta», conclude Damiano.
Se Renata Polverini (Forza Italia) ha denunciato «il basso livello di conoscenza sulle pensioni degli esponenti di governo e della commissione lavoro alla camera», Deborah Serracchiani ha proposto la messa a regime di Ape e Ape social – che Brambilla vuole invece abolire per risparmiare – , rendendosi però protagonista di un battibecco con Susanna Camusso quando ha lanciato il salario minimo orario – proposta presentata nel pomeriggio dal gruppo del Pd alla camera.
Nelle sue conclusioni il segretario della Cgil non ha risparmiato una bordata al Pd: «Che senso ha come prima proposta della legislatura lanciare il salario minimo orario che va contro Cgil, Cisl e Uil? Va invece allargata la contrattazione perché diversamente molti imprenditori vedranno i loro lavoratori solo come collaboratori a cui dare un salario. In Germania è già successo: dopo un anno e mezzo dall’introduzione del salario minimo orario la copertura contrattuale è diminuita perché per le imprese medie e piccole è più conveniente uscire dai contratti e pagare salario minimo orario mentre da noi, nonostante i contratti pirata, siamo ancora capofila in Europa».
Anche sul tema delle pensioni Camusso è stata molto dura e chiara. «Abbiamo il peggior sistema previdenziale in Europa: gli altri si misurano col sistema del lavoro mentre noi soli inseguiamo all’infinito l’aspettativa di vita senza dare risposte alle persone non aiutando nemmeno il sistema produttivo nel ricambio generazionale». Per questo «nella scala di priorità» per modificarlo, Camusso mette al primo posto «la pensione di garanzia contributiva per le giovani generazioni», dando a tutti «certezza previdenziale ed equità». Mentre le proposte del nuovo governo – Quota 100 e Quota 41 – «non parlano alle categorie del disagio, specie al Sud».