Si è parlato molto degli effetti delle rivolte in Medio oriente del 2011 sui flussi migratori, pochissimo delle gravi conseguenze del colpo di stato militare in Egitto del 2013 e del tentato golpe di Khalifa Haftar in Libia sulla sorte dei profughi. Negli ultimi anni i flussi migratori di uomini e donne che scappano dalla dittatura in Eritrea e dalla guerra civile in Siria sono cresciuti soprattutto a causa delle politiche discriminatorie promosse dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.
L’ex generale non ha infatti concesso lo status di rifugiato a decine di migliaia di siriani, che erano stati invece accolti in Egitto dall’ex presidente Mohamed Morsi. Il caos che regna in Libia e l’assenza di controlli al valico di Sallum con l’Egitto hanno consegnato migliaia di profughi nelle mani di contrabbandieri che hanno fatto delle migrazioni un business, gestito dalle mafie locali. E il gioco per Sisi e Haftar è fatto: chiedere un intervento umanitario per spazzare via gli islamisti di Tripoli.
Un terzo dei 220 mila migranti che lo scorso anno sono sbarcati nel Canale di Sicilia erano siriani che scappavano dalla guerra civile. Secondo la Commissione europea, il numero di siriani (seguono a ruota eritrei, somali e afghani) che ha fatto richiesta di asilo rispetto al 2013 è raddoppiato, toccando le 123 mila unità lo scorso anno, il 20% del totale.
Non solo la Sicilia sta sperimentando un aumento senza precedenti dei flussi di migranti nelle ultime settimane, anche Rodi, come testimoniano le immagini di salvataggio e morte che vengono dalle coste greche. Migliaia di migranti siriani infatti per arrivare in Europa partono direttamente dalle coste egiziane. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), un barcone di siriani e sudanesi diretto a Malta dal porto di Damietta nel settembre dello scorso anno sarebbe affondato, causando 500 morti, sebbene la notizia non è stata diffusa. Molti altri attraversano il poroso confine libico e salgono sui barconi dei contrabbandieri per raggiungere Malta e l’Italia.
Le responsabilità di al-Sisi, considerato dal premier Renzi un modello di stabilità per Egitto e Libia, sono gravissime anche nell’aumento dei flussi migratori. L’ex presidente Morsi forniva ai siriani passaporti e apriva le scuole pubbliche ai loro figli. Il quartiere 6 Ottobre era diventato una vera piccola Damasco, come raccontavamo sul «manifesto» nel luglio del 2013. Morsi aveva più volte espresso il suo sostegno per i Fratelli musulmani siriani nella loro battaglia contro al-Asad e per questo accoglieva i profughi. E così, pochi giorni dopo l’arresto di Morsi, il 3 luglio di due anni fa, i rifugiati siriani sono stati associati, spesso a torto, alla Fratellanza nell’ondata di xenofobia che ha attraversato il paese. Nei mesi successivi migliaia di siriani sono stati deportati, arrestati, licenziati, i loro figli espulsi dalle scuole pubbliche.
La stessa sorte è toccata a migliaia di palestinesi, che dopo anni di tormenti, avevano ottenuto il passaporto egiziano per mano di Morsi, ma hanno visto i loro documenti strappati con l’arrivo di al-Sisi. Anche l’odio per i palestinesi, considerati genericamente sostenitori del movimento che governa Gaza, Hamas, si è ampiamente diffuso con l’avvento dell’ex generale tant’è che la scorsa estate, durante gli attacchi israeliani (Margine protettivo) su Gaza, il valico di Rafah è stato permanentemente chiuso anche per i feriti.
Ad esacerbare il business delle migrazioni per ingrassare le tasche dei contrabbandieri e delle mafie locali, è stato poi il tentato golpe in Libia di Khalifa Haftar, il sostegno a lui assicurato da al-Sisi e le sue mire sulla Cirenaica. Non solo l’ex agente Cia ha rafforzato la presenza jihadista in Libia favorendo l’ascesa dei sedicenti componenti dello Stato islamico a Sirte, ma ha anche puntato sull’aumento dei flussi migratori in accordo con la tribù al-Tabu, attiva nel trasporto e nello spostamento di migranti da est a ovest.
E così il consolidamento del golpe di al-Sisi non è passato solo per repressione, morti, censura e confisca delle terre dei contadini, ma anche per lo sfruttamento dei flussi migratori per innescare un attacco internazionale in Libia o meglio ancora giustificare l’intervento egiziano nel paese vicino.