Sono trecento i migranti fuggiti dalla Siria che dal 19 novembre scorso occupano Piazza Syntagma, davanti al Parlamento greco. Uomini, donne e bambini in presidio permanente e in sciopero della fame che rivendicano il diritto di lasciare la Grecia e di presentare domanda d’asilo in altri paesi europei. Una protesta condivisibile che conta purtroppo già due morti, mentre il governo di Atene continua a fare finta di nulla. Il primo è morto di freddo cercando di attraversare il confine tra Grecia e Albania nel tentativo di realizzare il suo progetto di vita. Il secondo siriano, gravemente debilitato per lo sciopero della fame, è invece morto di infarto in un ospedale di Atene.
Per sostenere la protesta dei richiedenti asilo siriani si sta diffondendo in rete un appello da firmare. Melting pot Europa tra i vari se ne sta facendo carico. Sono molte sinora le adesioni, a partire da Erri De Luca, LasciateCIEntrare, Be Free, Chiara Ingrao e Terre des Hommes.
Il regolamento Dublino III è il principale ostacolo per i richiedenti asilo in Europa. Una forma di costrizione che obbliga il richiedente a stanziare nel primo paese di arrivo, spesso impedendogli di ricongiungersi coi familiari già presenti in altri paesi. È bene ricordare che la Grecia non è un paese sicuro per i richiedenti asilo, considerando le carenze dei suoi centri di accoglienza. Inoltre vari rapporti internazionali confermano da anni gli abusi delle autorità greche nei confronti dei profughi, tanto che le Corti internazionali hanno sospeso i rinvii Dublino verso il paese. Eppure i richiedenti asilo siriani sono obbligati proprio da un regolamento europeo a risiedere in quel paese. Una violenza inaccettabile, mentre chi riesce a fuggire raggiungendo altri paesi subisce abusi gravi sino all’arresto, come si sta verificando in Bulgaria e in Polonia.
La speranza dei siriani di lasciare il paese è dunque mortificata sia dalla ottusa volontà ellenica, che dalla stessa Unione europea, che con ostinazione continua a blindare le frontiere, anche quelle interne, per impedire i movimenti secondari dei migranti da uno Stato all’altro.
Un’applicazione sempre più rigida del Regolamento Dublino III, decisa anche a livello di forze di polizia, con accordi multilaterali come le ultime intese tra Italia, Austria e Germania, responsabili di disastri e tragedie continue. Proprio a causa del Regolamento Dublino III molti potenziali richiedenti asilo preferiscono addirittura essere respinti in frontiera e proseguire il viaggio affidandosi ai trafficanti di uomini, faccendieri della mafia delle migrazioni, alimentando il business della clandestinità, piuttosto che restare intrappolati in un girone infernale ammantato di retorica dell’accoglienza.
Il diritto d’asilo in Europa, dunque, è evidentemente inadeguato ad accogliere e risolvere i drammi di migliaia di persone che fuggono da guerre, epidemie, dittature e cambiamenti climatici. Un sistema che nasce per difendere i diritti umani e che invece si sta tramutando nel suo contrario.
L’Unione europea dovrebbe attivare gli strumenti e i canali della protezione temporanea previsti dalla Direttiva 2001/55/CE, per decongestionare il sistema dell’asilo e consentire una mobilità secondaria nei diversi paesi Ue. Una volta dotati di un documento provvisorio di soggiorno legale, e dunque della libertà di circolazione, i profughi devono avere riconosciuto il diritto di chiedere asilo dove hanno già legami familiari o sociali o almeno in paesi che abbiano sistemi di accoglienza che rispettino la dignità umana e il diritto al ricongiungimento familiare.
I nuovi Commissari europei, il parlamento, così come i ministri degli Esteri e degli Interni dei paesi membri devono rispondere delle continue carneficine che avvengono nei mari di fronte all’Europa, delle condizioni disumane di assistenza, prima accoglienza e di detenzione dei profughi, dei migranti richiedenti asilo e dei migranti economici. Devono prendere atto del fallimento di dispositivi come quello di Dublino, e lavorare nell’ottica di politiche di inclusione realmente efficaci così come garantire il diritto alla libertà di circolazione.