L’Unione europea è stata avvertita nella notte dell’attacco imminente degli Usa in Siria. Messi di fronte a un dato di fatto, malgrado co-presiedano con l’Onu la conferenza internazionale di ricostruzione della Siria (e siano chiamati a finanziarne buona parte), ieri gli europei hanno cercato di rimettere la diplomazia al centro. Ma in Europa ci sono divisioni sulla Siria.

La Gran Bretagna approva l’intervento, mentre Francia e Germania non si allineano ma pubblicano un comunicato comune, dove sottolineano che «la responsabilità pesa su Assad». Francia e Germania «proseguiranno gli sforzi con i partner dell’Onu per sanzionare in modo adeguato gli atti criminali e l’uso delle armi chimiche vietati dai trattati». François Hollande ha insistito sul «quadro Onu per impedire l’utilizzazione di armi chimiche», una «mostruosità» che colpisce persino i bambini. Adesso «bisogna agire», aggiunge Hollande, ricordando che nel 2013 – dopo un attacco chimico in un quartiere ribelle alla periferia di Damasco – la Francia era pronta a intervenire, ma Barak Obama aveva rinunciato, mentre David Cameron, allora premier britannico, anch’egli favorevole, era stato bloccato da un voto negativo del parlamento. È dal 2013 che la Francia preme per escludere Assad dalla preparazione del futuro della Siria. Dopo l’attacco chimico di Khan Cheikhoun, anche la Germania ha preso una posizione in questo senso: «Nessuna cooperazione è possibile con i responsabili di questi crimini», ha detto due giorni fa il ministro degli esteri, Sigmar Gabriel.

Mrs. Pesc, Federica Mogherini, con Parigi e Berlino insiste sulla sola «via» da seguire adesso, quella «diplomatica», pur affermando di «capire le intenzioni» dell’iniziativa di Trump. Il primo ministro francese, Bernard Cazeneuve, che ha accorciato una visita in Tunisia per poter partecipare a un «consiglio difesa» convocato in emergenza a Parigi, denuncia «l’indegnità degli attacchi chimici che meritano grande fermezza», ma insiste sul fatto che bisogna «continuare a fare pressione sui partner, Russia e Iran, perché prevalga una soluzione politica». Per il ministro degli Esteri, Jean-Marc Ayrault, «non ci sarà soluzione militare, ma solo soluzione politica» che comprende «l’uscita di Assad dalla scena politica, senza attendere». Nella Ue restano diverse sensibilità, con la Repubblica ceca e l’Ungheria, ma anche, in minore misura, l’Italia e la Spagna, incerte in nome del pragmatismo se escludere in via di principio Assad dalle trattative per una soluzione post-bellica.

L’attacco chimico in Siria e la reazione di Trump hanno fatto irruzione nella campagna elettorale francese. Qui le divisioni sono molto marcate. Marine Le Pen, pur schierata con l’avvento di Trump, sostiene un riavvicinamento con la Russia di Putin e critica chiaramente l’attacco. François Fillon, altro grande amico di Putin, ha messo «in guardia» contro un intervento contro la Russia. Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, che è in netta crescita nei sondaggi e ormai punta ad arrivare al ballottaggio, deplora un comportamento «da cowboy» e critica la reazione di Hollande e Merkel: «Francia e Germania – ha detto – lasciano a Trump il potere solitario di colpire chi e dove vuole». Benoît Hamon ha invece ripreso la posizione del Ps e del governo, che indica la «responsabilità» di Assad negli avvenimenti.

Anche Emmanuel Macron sottolinea, come il governo francese, la necessità di accelerare «un’azione internazionale coordinata».

L’eurodeputata del MoDem, Marielle de Sarnez, alleata di Macron, afferma che «sul lungo termine, non troveremo una soluzione al terrorismo e alla questione dei migranti senza una prospettiva di risoluzione politica in Siria», mentre Assad dovrà essere giudicato dai tribunali internazionali per i crimini contro la sua stessa popolazione.