Il primo faccia a faccia, ieri a Ginevra, tra le delegazioni del governo e dell’opposizione non è andato oltre la trattativa sugli aiuti alla popolazione civile che, più di ogni altra parte, subisce la guerra civile. Non si è parlato di cessate il fuoco e anche oggi le consultazioni si concentreranno sui mezzi e i modi per portare cibo e medicinali alle città coinvolte nel conflitto, in particolare Homs, sull’apertura di corridoi umanitari e lo scambio di prigionieri. Di una tregua e del governo transitorio forse si comincerà a parlare domani. Molto dipenderà dalla capacità di mediazione dell’inviato dell’Onu Lakhdar Brahimi di fronte al fuoco incrociato di accuse tra le due parti e alla diffidenza (se non l’odio) che ancora prevale. Il destino di “Ginevra II” resta appeso a un filo.

Senza dimenticare che, mentre a Ginevra va avanti il difficile faccia a faccia tra governo e opposizione, in Siria si è continuato a combattere con violenza anche ieri. L’esercito governativo ha compiuto raid aerei sulle posizioni dei ribelli nelle province di Damasco e Aleppo, sganciando, pare, anche le temute bombe-barili. Scontri violenti si sono registrati alla periferia di Damasco, a Al Qadam e Al Assali. E combattimenti sono avvenuti durante la notte di venerdì intorno alla moschea Al Amawi, nella parte vecchia di Aleppo. Proseguono anche gli scontri a fuoco tra miliziani qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante e combattenti curdi ad Hasakeh. La comunità curda protesta per la sua esclusione da “Ginevra 2” voluta dalla Coalizione Nazionale dell’opposizione contraria ad aprire la trattativa sull’autonomia delle regioni a nord della Siria a maggioranza curda.

Si allarga nel frattempo il secondo fronte della guerra civile siriana che da tempo aperto in Libano. I qaedisti di an Nusra hanno rivendicato ieri il lancio di razzi verso la cittadina di Hermel, roccaforte del movimento sciita Hezbollah nella Valle della Bekaa. Con un comunicato diffuso venerdì via twitter, an Nusra aveva avvertito la popolazione sunnita del paese dei Cedri di stare lontano dalle zone sciite e di unirsi al gruppo nella guerra al “Partito dell’Iran e ai suoi agenti”, così come gli estremisti sunniti definiscono Hezbollah. La dichiarazione è arrivata a quattro giorni dall’attentato che ha provocato quattro morti ad Haret Hreik, sobborgo meridionale di Beirut a maggioranza sciita. Pochi giorni prima an Nusra aveva rivendicato anche un precedente attacco ad Hermel costato la vita a cinque persone. Da parte sua il leader sunnita libanese Saad Hariri ieri ha detto che «i sunniti non entreranno nella guerra tra al Qaeda ed Hezbollah».