L’al-Sakhour hospital ad Aleppo, gli ospedali nell’area di al-Bolel e di Boqros, nella provincia di Deir-Ezzor, l’Hama Central hospital, nel villaggio di Hizarin, nel governatorato di Idlib. Sono soltanto gli ultimi ospedali, in ordine di tempo, ad essere stati colpiti in Siria.  Nella provincia di al-Raqqa l’85% degli ospedali non riesce a mantenere un’attività quotidiana e continuativa. Nell’area di Damasco e Homs il 75% degli ospedali è fuori servizio.

«Ho sentito solo un rumore infernale. Ero attaccato alla macchina per la dialisi. Non mi potevo muovere. Dall’inizio della guerra le sedute sono sempre lunghe perché la disponibilità di corrente elettrica è di tre, al massimo, quattro ore al giorno, a meno che la luce non la compri allo Stato Islamico. 800 lire siriane al mese». Raid aerei del regime colpiscono il reparto di nefrologia e quello di pediatria dell’al-Raqqa National hospital, uccidendo un paziente e ferendo 22 civili. I minuti dopo l’esplosione sono gli stessi: polvere e sporcizia, vetro, pezzi di legno e di plastica dappertutto.

Dai dati dell’organizzazione non-profit Physicians for Human Rights, il governo siriano è responsabile di almeno 150 attacchi su 124 strutture sanitarie, dal marzo 2011. Più di 460 membri del personale sanitario risultano uccisi.

Nel quinto anno di una sanguinosa battaglia senza vinti nè vincitori, le aggressioni sistematiche su personale medico e strutture sanitarie rendono di fatto impossibile ai civili il diritto di ricevere servizi clinici essenziali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quasi la metà degli ospedali siriani è stata interamente o parzialmente distrutta e solo il 43% delle strutture ospedaliere è pienamente funzionale.

Quel tonfo sordo

L’Onu stima che i 245.000 siriani, che vivono nelle zone assediate, sono completamente tagliati fuori da forniture mediche.
«Ho visto mirare l’ospedale pediatrico nel mio quartiere, a Qadi Askar. Ad Aleppo non sono sicuri nemmeno gli ospedali. E non vengono risparmiati neanche i bambini», racconta Assel. «Era settembre ed era sera. Era ancora caldo fuori. Rincorrevo i miei figli per farli mangiare. I bambini sono tutti uguali. E poi quel tonfo sordo. Si pensa sempre di morire. Non ci si abitua mai. Quel tonfo era sull’ospedale pediatrico. Ci ero stata due giorni prima per la tonsillite di Adnan».

Dopo ripetuti raid aerei, risulta estesamente danneggiato il Central hospital, nel quartiere di Hanano a nord-est di Aleppo. Distrutti i generatori di elettricità. Ferme le sale operatorie. Attualmente è un semplice grosso ambulatorio medico.

Senza medicine né materiali il Zahi Azraq, il Farabi e l’al Kindi hospital, nell’area di Aleppo, dopo estesi bombardamenti da parte delle forze governative.

Colpito duramente dall’esercito di al-Assad il quartiere di al-Shaar, a nord di Aleppo e con esso colpiti anche il Dar al Shifa Field hospital e l’al-Daqqaq hospital. Scontri continui anche nel quartiere di Ansari, dove il Fronte al-Nusra ha preso il controllo delle zone est e sud. Preso di mira l’al-Zarzour hospital e l’Abu al Wafa field hospital. Bombardamenti sull’ospedale di Shawki Hilal, nel quartiere di Jeb al-Qubbah, e sull’ospedale di Omar Bin Abdulaziz, nel quartiere di Maadi. Colpi di mortaio delle forze di opposizione sul centro cardiologico, nell’ospedale universitario di Aleppo.

Secondo i dati delle Nazioni Unite, circa 15.000 medici sono fuggiti dalla Siria, nel corso degli ultimi quattro anni. La metà dei medici certificati. Ad Aleppo sono rimasti solo 250 medici per una popolazione di 2.500.000 persone. Nei sobborghi di Damasco di 1.000 medici, oggi ne rimangono poche decine. La carenza di personale sanitario incide oggi pesantemente su tassi di mortalità e natalità, trattamento per malattie croniche, trattamento per infezioni. Almeno 200.000 persone sono morte in Siria, nel corso del conflitto, per mancato accesso a cure mediche di base. Muoiono donne in travaglio perché non c’è nessuno a fare un taglio cesareo. Muoiono gli anziani per le complicanze del diabete. Almeno 70.000 pazienti affetti da tumore e 5.000 pazienti sottoposti a dialisi non hanno ricevuto nessun trattamento negli anni del conflitto.

Nella sua tenda, in uno dei campi spontanei della provincia di al-Raqqa, Jabirah, una bambina di 13 anni, ci racconta la malattia del papà. «Ha un tumore alla pancia ma non c’è nessun dottore che lo può curare. Ci sono poche medicine portate da persone con i fucili e la mamma non ha soldi per comprarle».

In Siria, mancano forniture di base per gli ospedali, in particolare nelle zone sotto il controllo dei ribelli. Ne è un esempio il centro dialisi dell’al-Raqqa National hospital, che ha fermato la sua attività per carenza di materiale sanitario.

Ad al-Hasakah e nella provincia di Latakia, dove oggi avanzano i combattenti dello Stato Islamico, vengono bombardati i centri di vaccinazione. A Dara’a, nel governatorato di Damasco e ad Hama, in violazione del Diritto Internazionale Umanitario, danneggiati, da raid aerei del regime, sale operatorie e equipaggiamenti medici degli ospedali in cui venivano trattati i combattenti delle forze di opposizione.
Nella provincia di Deir Ezzor, durante gli attacchi da parte delle forze governative, distrutti generatori di corrente elettrica, respiratori automatici e unità di terapia intensiva neonatale, negli ospedali pubblici di aree civili densamente popolate.

Tarek, studente di medicina…

Tarek, uno studente di medicina, ci racconta «Le agenzie internazionali forniscono gli ospedali di sacche di sangue e altre attrezzature di base, la maggior parte degli aiuti però arriva dall’attività di contrabbando. Oltre un milione di dollari in forniture mediche, attraverso una rete sotterranea di percorsi in Libano e in Turchia, solo negli ultimi mesi». E continua «Tutto questo in un Paese dove ormai non ci sono vaccinazioni obbligatorie per i bambini, le donne partoriscono senza assistenza medica e gli interventi chirurgici sono condotti senza anestesia».

Nella Homs sotto assedio fino a un mese fa poi conquistata dalle truppe di Damasco, i gruppi armati dell’opposizione siriana hanno lanciato ripetuti colpi di mortaio e granate sull’al-Qaryatayn hospital, sul centro ospedaliero di Baba Amr, sull’al Hikma hospital a Inshaat e sull’al-Kindi hospital a al-Ghouta. Colpiti dalle forze governative l’Homs National hospital, l’al Walid Children’s hospital, l’Albir hospital e il Taldou National hospital.

Bombardamenti da parte delle forze di regime sull’al-Hilal hospital, gestito dalla Mezzaluna Rossa siriana, nella città di Idlib conquistata dalle milizie di Al Nusra (al Qaeda). I feriti sono stati portati in sezioni intatte dell’ospedale. Distrutti macchinari, equipaggiamenti e stanze del servizio di diabetologia.

Ci racconta Nizar, uno dei pochi medici rimasti a Idlib, che mentre medicava una ferita profonda al fianco destro di un giovane uomo, militari dell’esercito governativo, l’hanno interrogato sull’identità del paziente. «Era un militante dell’Esercito Siriano Libero. L’hanno trascinato via, era terrorizzato. E io non l’ho potuto proteggere». I militari di al-Assad, con sorriso ironico, hanno chiesto a Nizar «Perché stai aiutando l’Esercito Libero?”. Nizar ci confessa «Nessuna delle due parti sarà in grado di salvare la Siria».