«Motivata», «mirata» e «circoscritta» sono i tre aggettivi con i quali davanti al parlamento Paolo Gentiloni qualifica la risposta di Usa, Francia e Gran Bretagna ad Assad. Aggettivi attentamente calibrati, il primo addirittura identico a quello che lo stesso presidente del Consiglio utilizzò ad aprile del 2017 in occasione del primo bombardamento di Trump in Siria, dopo la strage di Idlib. L’attenzione alle parole illumina lo sforzo diplomatico dell’Italia: prendere le distanze dall’opzione militare confermando però la fedeltà all’alleanza atlantica. Cosa che Gentiloni fa con ancora maggior convinzione perché si accorge che sia la Lega che il Movimento 5 Stelle sono scivolati in una posizione scomoda, divisi tra il profilo filo russo della loro campagna elettorale e la necessità di offrire rassicurazioni in chiave atlantica in queste ore in cui si giocano il governo.

L’operazione di Gentiloni riesce sia alla camera che al senato. I dibattiti – i primi della legislatura – scorrono sul filo della noia malgrado la drammaticità del tema, una volta acquisita la certezza che né leghisti né grillini calcheranno la mano contro Usa e alleati. Anzi, alla fine sia i parlamentari della Lega che quelli dei 5 Stelle non possono fare a meno di approvare la linea prudente del governo dimissionario, anche se tutti e due aggiungono che la vicenda dimostra l’urgenza di avere un governo in carica con i pieni poteri.

Gentiloni costruisce il suo intervento, e dunque la legittimazione di un attacco militare che pure non approva fino in fondo, insistendo sulla gravità delle armi chimiche «secondo ogni evidenza utilizzate dal regime, e non è la prima volta». Il presidente del Consiglio cita i filmati arrivati da Douma e ne ricava una conferma a contrariis: «Allo stato nessun indizio motiva la possibilità che siano stati manipolati». Aggiunge che non aver consentito agli ispettori dell’Opac di verificare l’utilizzo del cloro a Douma, per il veto di Mosca, costituisce una prova del fatto che le armi chimiche sono state effettivamente utilizzate. Riconosce che è legittimo dubitare dell’utilità strategica per Assad di un’aggressione del genere contro la popolazione civile, nel momento in cui sta vincendo sul campo, ma anche in questo caso offre una spiegazione per assurdo: «La ferocia del conflitto siriano non ammette ragionevolezza».

La conferma dell’alleanza Nato è netta, Trump o non Trump : «L’Italia non è un paese neutrale, siamo coerentemente, da più di sessant’anni, partner fondamentali dell’Alleanza atlantica e alleati degli Stati Uniti. Lo siamo stati con Kennedy e con Nixon, con Clinton e con Reagan, con Bush e con Obama e lo abbiamo fatto perché è una scelta di campo. L’America ci ha liberato dal nazifascismo e ha rappresentato i valori di democrazia, di diritti, di libertà economiche. Non c’è stagione sovranista che possa portare al tramonto dell’Occidente e dei suoi valori di libertà». Ad applaudirlo in questo passaggio, al senato e alla camera, sono stati i parlamentari del Pd ma anche di Forza Italia. Leghisti e 5 Stelle hanno dovuto affrontare il punto nelle repliche. «Continuiamo a ritenere gli Stati uniti il nostro principale alleato, ma consideriamo al contempo la Federazione russa un importante interlocutore per la stabilizzazione delle aree di crisi», ha detto il capogruppo M5S Toninelli. Mentre il deputato leghista Picchi ha denunciato il rischioso ritorno della «russofobia», spiegando però che questo «non vuol dire che, se dovessimo essere chiamati a una scelta di campo, non saremmo fedeli alla nostra Alleanza atlantica, dove siamo e vogliamo essere attivi».

«L’Italia è sempre stata all’avanguardia nella politica della porta aperta alla Russia e non accettiamo la riproposizione di cliché da guerra fredda», ha detto Gentiloni. E ha ripetuto che il governo ha condizionato il via libera all’utilizzo delle basi Usa, principalmente quella di Aviano, alla garanzia che nessuna missione di attacco diretto alla Siria partisse da lì. «Ed è quello che si è verificato», ha detto. Del sottomarino nucleare Uss John Warner nessuno, deputato o senatore, ha chiesto conto. Neanche i 5 Stelle che lo avevano, con Di Maio, preannunciato.