Un pomeriggio di settembre e una coda da sirena sul bordo della piscina. Non sembra così difficile emulare le parvenze di una mitologica donna pesce neanche nella periferia verde di Potsdam, 30 km da Berlino. L’istruttrice inizia il suo corso per sirena sensibilizzando su tematiche ambientali e sui danni della plastica in mare, è Sandra Völzer, una ex impiegata nel campo delle assicurazioni con un passato da nuotatrice professionista. Nel 2017 guardando con i figli una trasmissione per bambini è folgorata dall’idea di diventare una sirena e insegnare ad esserlo. Il suo progetto ha un fortunato appiglio realistico: la Mermaid Kat Academy, la prima scuola ufficiale per sirene, fondata un anno prima dalla top model Katrin Gray in sette Länder tedeschi e in Australia. Non solo un retaggio dell’infanzia ma una possibilità concreta di lavorare come sirena subacquea per eventi, videoclip, spot pubblicitari, performance artistiche. Sperando di non precarizzarsi in un luna park di quart’ordine, le bambine presenti al corso per principianti (età media 7-9 anni) non sembrano preoccuparsi ancora del futuro.

Lotte è qui grazie ad un regalo di compleanno della nonna (il costo parte da 45 euro) ed è già una buona nuotatrice, condizione essenziale per apprendere i movimenti con le gambe strette dentro il costume e i piedi fissi nelle pinne interne. Si sbatte la coda nell’acqua per prendere familiarità con la nuova identità marina, si provano le posizioni, la resistenza in apnea. Tra le bambine spunta una ragazza di 28 anni; il corso è aperto agli adulti e anche per lei la lezione è un regalo, tuttavia l’eterno sogno da sirenetta è quello che le motiva a faticare almeno il doppio di un normale corso di nuoto. Una mamma racconta che la figlia si è già esercitata altrove, in modo autonomo, sfruttando la piscina delle terme, perché questi appuntamenti sono organizzati saltuariamente e solo nella cittadina della Bassa Sassonia Hildesheim si svolgono regolarmente dei corsi: «Servono almeno due insegnanti e prendere in affitto uno spazio simile non è molto economico», dice la Völzer dopo aver spiegato alle sue sirene come prendersi cura della coda.

C’è spesso un media a fare da traino e da filtro, una serie tv, un film, un cartone animato. L’insegnante mi consiglia di provare, io rifiuto con discrezione. Ho ancora nella testa l’eco della voce stridula dell’Ariel disneyana ma se fossi costretta a scegliere un modello potrei immaginare di essere la conturbante sirena del «Lighthouse» (2019) di Robert Eggers, trasportata dalle onde del binomio desiderio/morte verso le acque tiepide e innocue di un corso in tedesco per aspiranti donne pesce.