Con più di 600mila dosi di vaccino somministrate, la Serbia è il secondo Paese in Europa per numero di vaccinati in rapporto alla popolazione. Un successo dietro cui si cela principalmente Pechino che ha inviato a Belgrado due carichi di vaccini Sinopharm, l’ultimo dei quali arrivato mercoledì sera, per un totale di 1,5 milioni di dosi. Dopo la Serbia, primo Stato europeo a inoculare il Sinopharm, anche altri Paesi della regione iniziano a valutare l’opzione cinese. Vuk Vuksanovic, dottorando in Relazioni Internazionali alla London School of Economics, spiega le implicazioni geopolitiche della strategia di Belgrado nella campagna di vaccinazione di massa.

Quanto l’avanzata cinese in Serbia ha del reale e quanto gioca la percezione?

Nella prima fase della pandemia, segnata dalla diplomazia delle mascherine, ha contato molto la percezione, ora l’avanzata della Cina è reale. Quando la scorsa primavera l’Europa ha vietato l’esportazione delle attrezzature mediche fuori dai 27, la Serbia si è rivolta alla Cina e in un certo senso se n’è servita per provocare una reazione dell’Ue. Il presidente Vucic sta facendo la stessa cosa in questo momento. Da una parte, cerca di ottenere quanti più vaccini possibili, dall’altra gioca a mettere contro potenze occidentali e non occidentali per vedere da chi può trarre maggior profitto. Il messaggio all’Ue è chiaro: “dateci qualcosa o ci rivolgeremo alla Cina”, uno schema già collaudato con la Russia.

La Serbia: da avamposto russo nei Balcani a testa di ponte della Cina verso l’Europa?

La diplomazia dei vaccini e ancor prima delle mascherine sono tutte manifestazioni di un processo iniziato un paio di anni fa. La Cina ha rimpiazzato la Russia come partner principale tra le potenze non occidentali. Al di là dell’apparenza, non c’è fiducia autentica tra Belgrado e Mosca, e Belgrado è convinta che tra i due sia Pechino ad avere più potere e più risorse. Questo è apparso con evidenza già lo scorso anno: Mosca ha fornito un aiuto consistente a Belgrado, ma è passato in sordina, specie se si considera l’entusiasmo con cui è stato raccontato l’arrivo degli aiuti cinesi.

Eppure la Russia continua ad essere un alleato importante per la Serbia.

Oltre alla popolarità russa in parte della popolazione serba e alla dipendenza energetica, la cosa che continua davvero a rendere speciale la cooperazione Serbia-Russia è la questione irrisolta del Kosovo. Mosca ha reagito con irritazione al tentativo di Vucic di trovare un accordo con l’aiuto di Trump, è stato percepito come un modo per privare la Russia di una delle sue ultime leve di influenza nei Balcani. Il Cremlino sta aspettando il momento in cui l’Occidente cercherà di trovare un accordo sul Kosovo, in modo da far pesare il suo potere di veto.

I due Stati europei con il maggior numero di vaccinati in rapporto alla popolazione, Regno Unito e Serbia, non fanno parte dell’Ue: il primo ha deciso di uscirne, il secondo aspira ad entrarci. Meglio correre da soli?

In questo caso specifico il fatto che Regno Unito e Serbia abbiano dovuto far leva sulla propria capacità di fare lobby, invece che affidarsi all’Ue per negoziare la fornitura dei vaccini, li ha avvantaggiati. La responsabilità non è solo dell’Europa, ci sono stati dei ritardi da parte delle società che producono vaccini, ma il fatto che questo sia accaduto dopo aver già attraversato tutta una serie di crisi, fa uscire l’Ue ulteriormente indebolita.

Quale margine di manovra per l’Ue?

L’Europa può fare molto, ma dovrà essere più generosa e più efficace nella mobilitazione delle risorse, e dovrà assicurarsi che le informazioni raggiungano l’opinione pubblica. L’Ue non esercita alcun soft power né in Serbia né nei Balcani, sebbene abbia la capacità politica ed economica per competere con russi e cinesi nelle campagne d’informazione.

Come la pandemia cambierà gli equilibri regionali e internazionali?

La Cina non può rimpiazzare l’Occidente nei Balcani, è troppo lontana e attori come l’Ue hanno un peso rilevante nella regione. L’Europa però ha bisogno di cambiare approccio per usare le risorse in modo più efficace. A livello globale, più che la pandemia sarà l’abilità di Washington nel controbilanciare la Cina a determinare gli equilibri mondiali futuri. E per la Serbia il più grande rischio in questo momento è proprio quello di trovarsi nel mezzo della rivalità tra Cina e Stati Uniti. La Cina è il tema dominante della politica estera americana, alimentare i legami con Pechino non fa altro che attirare l’attenzione di Washington, un’attenzione che la Serbia non vuole.