Non è la prima volta di un dissenso dentro Sinistra italiana, ma certo è la prima volta di un dissenso così ampio. Domenica pomeriggio a Roma l’assemblea nazionale, al secondo giorno di dibattito, ha approvato «a larga maggioranza» la linea proposta dal segretario Nicola Fratoianni. Sono 130 i sì. Ma al momento del voto i no sono 37 e gli astenuti 25, quasi tutti provenienti dal documento dei «300» – prime firme Claudia Pratella e Claudio Ricco – che alla vigilia della discussione aveva formalizzato il proprio dissenso. I voti vanno presi con beneficio di inventario: l’assemblea sulla carta conta più di 500 componenti (è la platea congressuale), ma le nuove ristrettezze del partito hanno tenuto a casa molti.

NON È DEL RESTO una questione di numeri quella che si è affrontata nello scorso week end. Dopo due giorni di confronto il dispositivo approvato prevede che Sinistra italiana continuerà a «investire» in Leu pur «evitando in questa fase qualsiasi precipitazione sul piano organizzativo». Quindi no al partito unico, per ora, sì a un’assemblea comune, ma «con carattere di massima apertura» per discutere i temi fondamentali: welfare, lavoro, diritti – fin qui tutto pacifico – ma anche i quelli «della collocazione europea e della definizione di un profilo di alternativa e autonomia sul terreno della politica nazionale».

MDP RIUNIRÀ la sua assemblea il 12 maggio. Poi quella della lista è prevista per fine mese, ammesso che nel frattempo nasca un governo. Ma l’area bersaniana immagina la nuova assemblea di Leu per «delegati», come quelli che furono convocati il 3 dicembre 2017 per battere le mani a Piero Grasso. E se questo è un problema ovviabile, non lo è l’eterno tormentone sul centrosinistra (per Si «è finito», Mdp ’dialoga’ con il Pd post-renziano), che a un certo punto dovrà essere chiarito.

Così come il nodo Europa. Sabato Fratoianni ha scandito che per Si «la strada del rapporto privilegiato con il socialismo europeo è del tutto improponibile». Ma a Bruxelles gli europarlamentari ex Pd che hanno aderito a Leu hanno chiesto una deroga ai Socialisti e democratici per formare un loro minigruppo. Per farlo hanno bisogno del sì del Pd. E invece l’unico europarlamentare di Si, Sergio Cofferati, guarda a sinistra, verso il Gue.

MA LA SITUAZIONE è ingarbugliata per tutti: anche a sinistra non è chiaro ancora se il fronte «antiliberista» si presenterà compatto alle europee del ’19. Ma questa sarebbe un’altra storia. Intanto Sinistra italiana si dà tre mesi per verificare le convergenze con Mdp e Possibile: l’assemblea sarà riconvocata a luglio «per valutare gli esiti di questo percorso». Sempreché il banco non salti prima: i parlamentari di Mdp sono tradizionalmente sensibili agli appelli alla «responsabilità» del Colle, quelli di Sinistra italiana no, almeno fin qui.

LEU È INVECE GIÀ FINITA per i quaranta che hanno votato no. «Non abbiamo nessun interesse a impegnare le nostre energie in un progetto in cui non crediamo», spiega Claudio Riccio. Dopo le amministrative in cui Leu si presenterà in ordine sparso, «è inutile perdere tempo con una verifica: con Mdp non siamo d’accordo su nulla, lo sappiamo già. Quindi anziché fabbricarci le condizioni per finire in cartello elettorale di sinistra dell’ultimo minuto, meglio iniziare da subito, il dialogo con il resto della sinistra con cui invece sappiamo già che faremo le stesse scelte». Riccio pensa a Potere al Popolo, a Rifondazione comunista, ai movimenti.

A sinistra la situazione è ancora confusa, dicevamo, in attesa del big bang delle famiglie politiche europee. Ma è vero che in Sinistra italiana c’è chi dialoga con il francese Mélenchon, chi con il greco Vauroufakis e il sindaco di Napoli De Magistris. «Tutti personaggi da cui siamo lontanissimi, persino più lontani che dal Pd», che chi spiega da Mdp.

I DISSENZIENTI di Sinistra italiana non sono «una corrente», giurano, e per ora non hanno un appuntamento organizzativo. «Non rompiamo niente, la sinistra è già abbastanza sfasciata che non aggiungeremo un’altra rottura», qui è di nuovo Riccio a parlare. Senza gesti clamorosi, dunque, chi non seguirà la strada di Leu si dispone ad andare in un’altra direzione. Ma dopo le amministrative: perché «nei territori non ha senso dividersi, con i compagni di Leu abbiamo fatto la campagna elettorale insieme: e alla fine a fare politica siamo sempre quelli».