«Per fermare le armi si devono usare più armi? È da dicembre che in Ucraina sono arrivate armi di ogni tipo. E quando è scoppiato il conflitto, invece di fermarlo subito per via diplomatica è stato alimentato con altre armi». Parte da questi dati di fatto l’Assemblea fiorentina contro la guerra, che torna a manifestare per la pace e tiene fermo il timone, esibendo il suo storico striscione «Firenze città aperta rifiuta la guerra», e chiamando le diplomazie a imporre vere trattative fra le parti.

«Chiediamo l’immediato cessate il fuoco e il ritiro delle truppe dall’Ucraina – ribadiscono le centinaia di manifestanti che si ritrovano in piazza Santissima Annunziata – con la ripresa di negoziati a partire dagli accordi mai rispettati di Minsk del 2014, che prevedevano l’impegno dell’Ucraina a garantire l’autonomia delle regioni di Doneck e Lugansk e la tutela della popolazione russofona». Quella ferita aperta, e mai suturata, che ha portato alla cancrena odierna.

In piazza pezzi di Cgil, del sindacalismo di base, e di una sinistra rappresentata dai due consiglieri comunali di opposizione Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, che saranno istituzionalmente in piazza anche fra 24 ore. Alla manifestazione promossa dal sindaco Nardella («Cities stand with Ukraine»), verso la quale non mancano le critiche: «Abbiamo un sindaco irresponsabile – osserva Palagi – che invece di unire le forze ha scelto di dividerle. Mentre questo movimento è stato responsabile, anticipando a oggi una manifestazione che era prevista per domani, evitando contrapposizioni. Perché il popolo della pace è uno».

Il pensiero di Antonella Bundu va invece a una delle tante guerre dimenticate che ha vissuto in prima persona: «Quella degli anni ’90 quando la Liberia invase la Sierra Leone, da cui proviene mio padre. Anche allora il conflitto fu alimentato con l’invio di armamenti di ogni genere, ho visto bambini di dieci anni che imbracciavano fucili più grandi di loro. Ne derivò morte e distruzione, come in ogni guerra. Ed è per questo che dobbiamo insistere per il cessate il fuoco, rifiutando la folle idea che l’invio di armi in Ucraina possa aiutare a risolvere il conflitto».

Fra i manifestanti anche Massimo Torelli dell’associazione Firenze Città Aperta, che punta l’indice verso una informazione embedded e guarda al disastro della diplomazia europea: «C’è un clima di maccartismo imperante, una caccia a chiunque non segua la linea di sostenere il popolo ucraino con le armi invece che con la diplomazia. E poi c’è il disastro della Ue che si è visto anche ieri, quando il negoziato è stato presieduto dalla Turchia invece che dall’Europa. Ed è successo perché la Ue ha delegato la sua politica estera alla Nato e agli Usa, invece che intervenire dopo il 2014». Come andrà a finire? «Come sempre – chiude Torelli – pagheremo l’aumento degli investimenti in armi con una ulteriore penalizzazione dei servizi pubblici, e con aumenti insostenibili del costo della vita».