«Il tempo delle correnti è finito, queste non sono più correnti ma spifferi, anzi spifferucci che stanno spesso insieme più per convenienza che per le idee». Con questa benedizione di Matteo Renzi, si è conclusa ieri la due giorni organizzata dalla corrente di minoranza del Pd «Sinistra dem». Gianni Cuperlo, capofila del gruppo – che va tenuto distinto dalla «Sinistra riformista», i bersaniani rappresentati da Roberto Speranza – ha scelto Firenze per andare «Alla ricerca di un buon partito», questo il titolo dell’iniziativa. Partito che, ha spiegato, «è necessario distinguere dal governo». «Il Pd così com’è non funziona – ha riconosciuto il presidente Matteo Orfini, invitato a parlare – ma la responsabilità non è di Renzi perché le cose andavano male anche quando il segretario non era presidente del Consiglio».
Cuperlo ha assicurato che «Sinistra dem» non ha «nessun interesse e nessuna intenzione di far inciampare né tantomeno far cadere il governo», a partire dalla vicenda dell’inchiesta di Potenza sugli impianti petroliferi della Basilicata. È una linea condivisa da tutta la minoranza interna e la Basilicata è una roccaforte bersaniana. Intervenendo in difesa del governo, però, Orfini deve aver esagerato nel minimizzare, perché mentre stava spiegando che l’episodio della ministra Guidi è stato «un incidente» e «gli incidenti possono sempre capitare» ma «l’importante è come si reagisce e questa volta il caso è stato chiuso in tre ore», ha subito una piccola contestazione dalla platea: «Ma cosa ci stai raccontando?». Malumore isolato. Per il resto ha dominato il fair play, anche quando il vicesegretario Lorenzo Guerini ha spiegato che Verdini e il suo gruppo al senato «non sono dentro la maggioranza» e che il loro voto di fiducia nel caso della legge sulle unioni civili «è stato un fatto episodico». Nessuno lo ha smentito. E anche quando Cuperlo ha avvertito che stava per fare un’affermazione «provocatoria», si è poi limitato a rivolgere alla maggioranza la tradizionale critica che i renziani fanno alla minoranza: «Voi che avete vinto il congresso e siete alla guida del partito e del paese, credete ancora nel Pd, lo volete davvero?». Un tentativo dei «sospetti scissionisti» di venir fuori dall’angolo nel quale la maggioranza prova in continuazione a cacciarli. Ma anche di fuggire dalla gabbia dei gufi: «Non è possibile che tutte le volte che uno fa una proposta si inizia a parlare di volatili», ha protestato Cuperlo.

Ci vuol altro, però, per esorcizzare la paura di venire estromessi dal partito, tant’è che «Sinistra dem» è tornata su un’ipotesi in circolazione da mesi solo perché Renzi non ha fatto nulla per smentirla: «Se si pensa di fare della rete dei comitati del sì al referendum costituzionale la new company, il nuovo Pd, contrasteremo questo tentativo». Anche perché il «tentativo» potrebbe precipitare nelle liste delle prossime elezioni politiche.
Sui due referendum qualche conclusione polemica. Il primo referendum, quello del 17 aprile sulle trivellazioni, vedrà schierata «Sinistra dem» per il sì: «La scelta dell’astensione è stata assunta senza nessuna discussione in nessun organismo». Il referendum più lontano, quello costituzionale di ottobre sulla riforma «deve vedere riconosciuta dentro il Pd piena legittimità a chi voterà no», avverte Cuperlo. Senza chiarire perché la minoranza Pd che quella riforma costituzionale ha votato in parlamento, in più occasioni, per «non interrompere un percorso» – diversamente, avrebbe potuto fermarla – adesso potrebbe cambiare idea nel referendum confermativo.